Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte
Soltanto qualche mese fa, mai avremmo pensato di ritrovarci in una situazione drammatica come quella che oggi siamo obbligati a vivere. Il mondo è in crisi, l’Unione europea affronta una fase economico-politica senza precedenti e l’Italia si prepara lentamente ad uscire dalla quarantena. Non sono mancate le lacrime o i momenti di sconforto. Abbiamo perso i nostri cari, abbiamo combattuto nei letti d’ospedale, abbiamo atteso i bollettini delle ore 18 sperando che il numero di casi diminuisse giorno dopo giorno. Ci siamo fatti forza a vicenda. Abbiamo cantato dai balconi, scritto cartelli, abbiamo mantenuto le distanze senza perdere l’affetto, cercando di riportare la speranza nel cuore della gente, nel cuore dei nostri vicini di casa, nel sorriso di ogni ragazzo o ragazza in lotta con l’emergenza. Superata la prima fase d’indifferenza, convinti che il Coronavirus fosse quasi un gioco, ora finalmente proviamo a guardare in avanti, stanchi ma fiduciosi, continuando la battaglia contro questo nemico invisibile, silenzioso, impercettibile. Sì, è vero, l’Italia sta reagendo. Ma il prezzo pagato – e quello che ancora dovremo pagare – è stato, e sarà, altissimo.
Presidente, abbiamo deciso di rivolgerci a Lei per provare, una volta per tutte, a dare voce ai milioni di giovani, nostri coetanei, che nessuno realmente vuole ascoltare. Dalla mattina alla sera – nelle scuole o nelle nostre case, negli uffici o nelle università, nelle fabbriche o per le strade, in cucina o nei campi – non fanno altro che ripeterci costantemente che siamo il futuro, che la nostra generazione un domani sarà la prossima classe dirigente. Siamo stanchi di sentircelo dire. Noi non siamo il futuro, siamo il presente. Il passato, in quanto tale, è soltanto un sogno, è passato. Il futuro, in quanto tale, è inesistente. Ciò che esiste e conta realmente è solo l’attimo presente. Una serie di attimi presenti determina il futuro. I latini dicevano Hic et Nunc, qui e ora. Ciò che ha causato il problema non può essere la soluzione. Noi non siamo i figli della crisi, noi siamo la crisi. Una crisi che deve essere intesa anche come opportunità, cambiamento, e dobbiamo essere anche noi a gestire il processo. L’ideogramma cinese che significa crisi è composto da due caratteri, uno dei quali significa opportunità. Anche in greco, uno dei significati della parola crisi è occasione. Chi dice che noi siamo il futuro, intende dire che è lui a gestire il presente, che lui gestisce la crisi e tu verrai dopo, ne pagherai le conseguenze, ne subirai i danni. Vogliamo tornare protagonisti. Anzi, vogliamo essere protagonisti, perché purtroppo, a conti fatti, non lo siamo mai stati.
Presidente, noi non abbiamo paura del futuro, ma è questo futuro che ha paura di noi. Noi vogliamo cambiare le cose, tentare, sbagliare e riprovare, sbagliando sempre meglio. Bisogna smettere di pensare che essere giovani sia una fase di transizione. Non si è giovani e poi, successivamente, vecchi. La gioventù è un modo di vivere le cose, una maniera alternativa di vederle, è l’opposto del lasciarsi andare, dell’arrendersi.
Se quella di prima era la normalità, allora era una normalità che ci ha fatto male, che ci ha ferito, a cui non vogliamo assolutamente tornare. Siamo quelli che nella “normalità” sono precari, disoccupati, lavoratori in nero, sfruttati. Siamo gli stagisti, i rider, i tirocinanti nelle redazioni dei giornali che aspirano a diventare almeno pubblicisti, i camerieri pagati 3 euro l’ora, gli affittuari obbligati a spendere centinaia di euro per una camera. Siamo gli studenti dei licei a cui crollano i tetti in testa, gli stessi delle classi pollaio a cui mancano i tablet per seguire la didattica online, i giovani che per permettersi l’Università lavorano 10 ore al giorno in nero senza alcun tipo di garanzia o tutela. Siamo le ragazze ed i ragazzi che scappano da questo Paese, che cercano una prospettiva altrove, perché la disoccupazione fa paura. Siamo gli stessi che abbandonano gli studi, che non finiscono il liceo, che non si iscrivono all’Università perché mancano soldi e motivazione. Chiediamo di essere ascoltati, di essere considerati, di avere un peso ed un ruolo in questa ripartenza, perché non si può parlare di “prospettive” senza aver preso in considerazione chi vive le contraddizioni del presente.
Esistono tanti modi di ascoltare, almeno quanti sono gli scopi dell’ascolto: la curiosità, il bisogno di capire, il desiderio di stabilire con l’altro una comunicazione che può farsi sintonia profonda, condivisione, apertura al dialogo. Chi ascolta, comunica all’altro il suo interesse e gli riconosce la dignità di interlocutore, lo ritiene portatore di un’esperienza e di un pensiero. Tutto questo è tanto più vero quando ad essere ascoltati sono i giovani, e a mettersi in atteggiamento di ascolto è quella generazione adulta che spesso non ci considera sufficientemente all’altezza, relegandoci al ruolo passivo di meri ascoltatori. Noi siamo la componente innovativa di ogni contesto umano. Presidente – da padre, da uomo saggio, da Premier – lei sa bene quanto la società abbia bisogno di noi, delle nostre idee, delle nostre proposte, della nostra voglia di trasmettere il sentimento e cambiare questo esistente. Presidente, lei lo sa quanto valiamo e quanto l’economia del Paese abbia bisogno di noi. Quanto ne abbia bisogno l’Italia.
L’Italia non è un Paese per giovani, soprattutto nei posti di comando, dove anzi l’età continua ad aumentare. Ma quello che Le stiamo chiedendo, Presidente, non è potere, ma ascolto. Vogliamo metterci in discussione, vogliamo incidere, vogliamo metterci in gioco e rappresentare tutta la nostra generazione, come fossimo un megafono. Vogliamo proporre soluzioni, dando il nostro punto di vista. Soluzioni al posto di decisioni. Viene avanti questa come indicazione di fase. E proprio come tutte le grandi immagini, i grandi sogni e le grandi ambizioni, il nodo di Gordio torna a farsi sentire. Sempre presente e attuale. Si ripresenta ogni volta e ogni volta deve essere nuovamente tagliato. E noi, uniti, siamo la spada di Alessandro, il balenìo di una luce nuova.
Per questo Le chiediamo di darci voce, di autorizzare i giovani a riportare la bussola delle proposte e delle soluzioni su un’agenda diversa, che possa accompagnarci verso la fase 3 e trasformare il nostro Paese in un’avanguardia, almeno in Europa.
Ecco alcune delle tematiche che vorremmo affrontare con Lei, con il Governo, con la Task Force e con chi lavora, giorno dopo giorno, alla ripartenza dell’Italia.
- Il virus ci sta mettendo a dura prova, ma potrebbe essere poca cosa di fronte ai disastri ambientali all’orizzonte. Se non sfruttiamo questa crisi, se non apriamo gli occhi una volta per tutte, se non rallentiamo subito i cambiamenti climatici, ci troveremo ad affrontare situazioni ben più drammatiche di questa. Sono tante le voci, scientifiche e non, che chiedono un mondo post-virus più rispettoso dei limiti ambientali, e meno succube dei diktat dell’economia, ormai incompatibili con la sopravvivenza della natura e dell’umanità. Il Pianeta sta morendo e dobbiamo intervenire senza esitazione. Qui e ora.
- Questo virus ci sta mettendo davanti alla totale insostenibilità del nostro modello di sviluppo. Lo scorso dicembre noi giovani siamo stati consultati, attraverso il forum sullo sviluppo sostenibile, promosso dal ministero dell’Ambiente, per immaginare insieme nuovi modelli di sviluppo. Oggi chiediamo che questo strumento non sia dimenticato, ma che venga potenziato e utilizzato in maniera sistematica per consultarci in materia di sviluppo sostenibile. Qui e ora.
- Questa è la grande occasione che abbiamo per rimettere al centro non più l’essere umano che consuma, ma che produce e crea valore, dove il rapporto con l’ambiente è prioritario e diventa un volano di sviluppo. Il principale svantaggio della fase economica che viviamo, è l’effetto del vincitore che prende tutto. Questo accresce le disuguaglianze. Ed è per questo che dobbiamo intervenire. Qui e ora.
- La pandemia ci invita a trasformare radicalmente le nostre relazioni sociali. Oggi il capitalismo conosce «il prezzo di tutto e il valore di niente», per citare Oscar Wilde. Dobbiamo capire che la vera fonte di valore sono le nostre relazioni umane e quelle con l’ambiente. Per privatizzarle, le distruggiamo e roviniamo le nostre società, mentre mettiamo a rischio vite umane. Qui e ora.
- Abbiamo decine di miliardi di sussidi che potrebbero essere orientati diversamente. Ogni anno lo stato italiano eroga a imprese e famiglie 16 miliardi di sussidi a favore dell’ambiente e 19 miliardi di sussidi che danneggiano l’ambiente. Dovremmo riuscire ad anticipare l’eliminazione dei sussidi dannosi prima della scadenza prefissata del 2025, così da indirizzare i finanziamenti nella giusta direzione. Facciamolo. Qui e ora.
- Lo smart working e lo smart learning sono importanti opportunità per il futuro, ma in alcune aree interne del Paese la banda larga è inesistente, e quindi sarebbe urgente un investimento in questa direzione. Dovremmo, quindi, realizzare un piano straordinario per le infrastrutture digitali analogo a quello messo in campo per potenziare i reparti di terapia intensiva. È necessario pensare sostegni economici per chi non può permettersi dei gigabyte in più o degli abbonamenti telefonici. Facciamolo. Qui e ora.
- La Francia aprirà le aule l’11 maggio. Noi ci siamo dati alcuni mesi in più. È giusto. Per prudenza. Per tutelare la nostra incolumità. Abbiamo scommesso, giustamente, sulla didattica a distanza, ma secondo l’Istat il 38% degli studenti italiani non ha i mezzi per usufruirne. Quindi, quando si ricomincerà, ci auguriamo a settembre, si riapra dando alla scuola più attenzione e più finanziamenti. Chiediamo scuole sicure e non fatiscenti. Chiediamo rispetto per i professori, quindi nuovi contratti e nuovo status. Chiediamo maggiori diritti per i collaboratori scolastici e più partecipazione dei ragazzi alla vita scolastica. “Trasformare i sudditi in cittadini – disse Calamandrei – è miracolo che solo la scuola può compiere.” Se non investiamo nella scuola, nella cultura e nella ricerca, siamo un Paese destinato all’immobilità. Facciamolo. Qui e ora.
- Combattiamo le disuguaglianze di reddito e di ricchezza che caratterizzavano la “normalità” prima del Covid-19. Nel 2018 il reddito disponibile del 20% più ricco della popolazione era pari a sei volte quello del 20% più povero. A febbraio, il Governo prevedeva che tale rapporto sarebbe rimasto sostanzialmente stabile nel triennio 2020-2022. Secondo la Banca d’Italia, nel 2016 il 30% più ricco della popolazione deteneva il 75% del patrimonio netto (il 5% da solo deteneva il 40% della ricchezza), mentre il 30% più povero ne deteneva l’1%. Se non interveniamo, qui e ora, per cambiare questa proiezione ed invertirla radicalmente, in che futuro potremmo mai vivere?
- Dobbiamo intervenire anche nel panorama universitario, sia nell’approccio didattico che in quello non strettamente connesso all’apprendimento. Migliaia nostri coetanei chiedono il congelamento della rata di maggio, un sostegno per gli affitti, incentivi reali per seguire la didattica online e poter fare gli esami anche da casa, la creazione di nuove borse di studio e la riorganizzazione del sistema universitario nel suo complesso. Parliamone. Qui e ora.
- Creare posti di lavoro. Assumere i giovani, valorizzarli, aiutarli nella crescita e nello sviluppo del loro potenziale. Ma non solo noi. Infatti, solo lo Stato può creare nuovi posti di lavoro capaci di assorbire la massa di dipendenti che, quando usciranno finalmente di casa, scopriranno di aver perso il lavoro. Dobbiamo intervenire. Qui e ora.
- Nel Rinascimento, politici del calibro di Lorenzo De Medici, disegnavano il futuro del proprio Paese con l’aiuto di artisti, urbanisti ed architetti. L’Italia è piena di giovani menti brillanti che possono fare la differenza. Coinvolgiamoli. Qui e ora.
- La pandemia colpisce duramente i più deboli: in ambito economico, spiccano proprio i giovani. Le condizioni del mercato del lavoro italiano, visto il tasso di disoccupazione giovanile intorno al 30%, rendono molto debole la posizione contrattuale dei neo-lavoratori, costretti spesso ad accettare qualsiasi offerta. Se non sfruttiamo questa crisi come un’opportunità, non potremo dare le giuste risposte alle migliaia di rider, ai tirocinanti, agli stagisti, ai fuori sede, agli studenti dei licei in difficoltà, agli studenti universitari senza borsa di studio, ai giovani lavoratori autonomi, ai precari, alle migliaia di ragazze e di ragazzi che tutti i giorni si spaccano la schiena lavorando in nero.
- Proponiamo di considerare un altro settore importante che potrebbe essere decisivo per la ripartenza. Le discoteche, le balere e le sale da ballo sono state le prime a chiudere e saranno le ultime a riaprire. Per ora non è stato immaginato nessun intervento di sostegno economico. L’industria del divertimento notturno – secondo l’associazione Silb-Fipe che raggruppa la maggior parte delle discoteche in attività – ha un fatturato di 7,5 miliardi e 400mila occupati, molti dei quali sono nostri coetanei. Sono 19 milioni gli italiani che ogni anno frequentano i luoghi della movida notturna e 4,3 milioni quelli che vanno almeno una volta alla settimana a ballare. Inoltre, questa ha un forte impatto anche nel giro di affari della ristorazione e dei centri commerciali. Secondo i calcoli, prendendo in considerazione la fascia oraria 18-6 del mattino, il giro di affari di locali notturni e discoteche si è attestato a 5,3 miliardi di euro contribuendo ai 37 miliardi di fatturato registrati da negozi e centri commerciali e ai 17 della ristorazione. L’indotto dell’industria della notte ovviamente ha ricadute anche sui trasporti (taxi e car sharing) con 2,5mild ed è un volano anche per concerti, cinema e teatri. Numeri importanti per un settore finora trascurato. Dobbiamo aiutare quelle migliaia di ragazze di ragazzi che attraverso la nightlife riescono ad essere autosufficienti, a pagarsi gli studi o l’affitto. Interveniamo. Qui e ora.
- Questa pandemia ha messo in evidenza che la sofferenza psicologica non è un problema individuale, ma riguarda tutti. Lo stare isolati e rinchiusi costituisce una sofferenza generalizzata di cui solo in futuro ne conosceremo le conseguenze. Per questo è necessario prevedere un supporto psicologico aperto a tutti, soprattutto a chi non può permetterselo. Agiamo, qui e ora.
Per questo motivo, Presidente, le abbiamo scritto. Per questo motivo vogliamo poter discutere di tutto questo – e di molto altro – portando al tavolo proposte concrete che possano dare voce anche a tutte e tutti noi. I punti elencati sono solo alcune delle tematiche che vorremmo affrontare con Lei e con chi si sta occupando della ripartenza del Paese. Proponiamo che si crei una cabina di regia composta da giovani, un comitato che analizzi e discuta le proposte, che rappresenti la nostra categoria, che ci permetta di prendere parola e che valorizzi il nostro apporto alla costruzione di una società nuova. Giovani donne e giovani uomini, cittadini, ragazze e ragazzi, che da varie parti dell’Italia, con esperienze e percorsi differenti, mettono a fattore comune il proprio bagaglio personale. Siamo pronti, Presidente, vogliamo metterci in gioco. Qui e ora.
Change The Future
SottoSopra, Movimento giovani per Save The Children