Fuori c’è un silenzio assordante. Riflessioni ai tempi del Coronavirus
Il 16 febbraio sono ritornata a casa per una pausa dai miei studi universitari, ho finito gli esami e devo preparare la tesi, volevo trascorrere qualche giorno in compagnia dei miei convinta di riposare, dormire e, perché no, annoiarmi un po’…
Dal telegiornale il 18 febbraio ho appreso che in Italia c’è il primo malato di Covid19 a Codogno, in Lombardia. Da lì in poi si sono susseguiti notizie e provvedimenti atti ad isolarci dal contagio: #iorestoacasa. Università e scuole chiuse, teatri e cinema chiusi, serrato qualsiasi esercizio commerciale.
Albert Camus scrisse, nella sua descrizione della peste: “Benché un flagello sia infatti un accadimento frequente, tutti stentiamo a credere ai flagelli quando ci piombano addosso. Nel mondo ci sono state tante epidemie di peste quante guerre. Eppure la peste e la guerra colgono sempre tutti alla sprovvista”. Siamo stati colti alla sprovvista e dobbiamo adeguarci.
Bene, resto a casa, sarà per poco, conto di fare tante cose, in fin dei conti volevo anche annoiarmi… Intanto suquotidiani e tg si susseguono notizie di morte e di sofferenza, medici impotenti di fronte al dilagare del virus e i miei buoni propositi vacillano. Chissà perché anche le energie necessarie per annoiarmi vengono meno.
Mi sento disorientata e paralizzata, guardo serie tv, organizzoincontri su Skype, telefonate con amici, guardovignette divertenti su Instagram, ma è un vivere a metà, fuori c’è una silenziosa predazione che ci ha fatto prigionieri. L’unica fonte di energia è la nostra immaginazione. ll tempo fuori appare frenato e dentro casa si dilata a dismisura, lo spazio della riflessione e dello stare con se stessi all’improvviso si allarga e mi dà le vertigini.
Arrivano i bollettini della protezione civile, quotidiani e tg che raccontano della pandemia sciorinando numeri. Fuori c’è un silenzio assordante, interrotto da qualche canzone da un balcone o da qualche bambino che gioca a pallone nel cortile, il mondo intero è prigioniero di un nemico invisibile parassita e aggressivo.
Psicologi ed esperti ci danno consigli su come impiegare il nostro tempo: leggere, guardare un film, far arieggiarela casa e tenere gliambienti puliti, mentre la città è sospesa nel silenzio del virus noi contraiamo il virus dell’inerzia.
Pian piano si materializza un mondo virtuale che, diventa il filo indispensabile che ci unisce tutti. Il virtuale ci permette di abbracciarci, di fare attività fisica e di sorridere, di scambiarci sensazioni e opinioni, così tutti noi ci ritroviamo comunità.
“Dopo la peste, torneremo umani”, scrive Grossman, e come tali torneremo ad abbracciarci, a parlarci guardandoci negli occhi, a sorridere o ad arrabbiarci per un gesto, per uno sguardo o per una parola detta di troppo, a brindare, ad emozionarci davanti ad un film o al teatro, ad urlare allo stadio.
Allora prendo il pc per scrivere questo articolo, cerco materiale per arricchire la mia tesi e ricomincio a scrivere, c’è tanto da fare: fissare nuovi traguardi, nuove priorità…Andrà tutto bene!
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