Lampedusa, l’evento “Siamo sulla stessa barca” restituisce dignità ai migranti
A cura di Sofia Torlontano, Ygnazia Cigna, Irene Burlando, Federica Mangano
Il 3 ottobre del 2013, a causa di un naufragio al largo delle coste di Lampedusa, persero la vita 368 migranti: bambini, donne e uomini che cercavano di raggiungere l’Europa per trovare un futuro migliore.
Un evento drammatico, ma non isolato.
Nel 2016 il Senato ha approvato la proposta di legge del Comitato 3 ottobre di rendere ufficialmente simbolica la data del naufragio.
Così, ogni anno in quella drammatica data si celebra la Giornata della Memoria e dell’Accoglienza per restituire dignità a tutte le persone che ogni giorno muoiono nel Mar Mediterraneo o restano bloccate alle frontiere d’Europa.
Dal 2014, grazie al Comitato 3 Ottobre (composto da organizzazioni no profit con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi dell’integrazione e dell’accoglienza), in questa data si svolgono una serie di celebrazioni a Lampedusa, la porta d’Europa.
L’iniziativa, che quest’anno è alla sua ottava edizione, mira a sviluppare una nuova memoria e una nuova cultura dell’informazione e dell’accoglienza, promuovendo iniziative di sensibilizzazione e solidarietà. Oltre a diversi comuni coinvolti e alla comunità locale, hanno partecipato anche numerose scuole distribuite sul territorio nazionale ed europeo; l’obiettivo primario è infatti aumentare la consapevolezza e la conoscenza dei giovani in età formativa sui temi citati, al fine di stimolarli a diventare motore di un cambiamento duraturo attraverso il dialogo e la condivisione con l’altro.
Le attività di commemorazione e sensibilizzazione prevedevano, anche quest’anno, la partecipazione in prima persona di rifugiati, sopravvissuti e parenti delle vittime del naufragio del 3 ottobre 2013, e di altre stragi nel Mediterraneo.
Simbolico anche il nome dell’evento, Siamo sulla stessa barca, che vuole ricordare che siamo tutti esseri umani, sulla stessa terra.
L’evento: Siamo sulla stessa barca
L’iniziativa ha coinvolto studenti di 60 scuole del territorio italiano e di circa venti Paesi dell’Unione Europea.
Il percorso prevedeva una prima parte a scuola dove i ragazzi si dedicavano alla produzione di un progetto inerente al tema dell’accoglienza.
Le classi vincitrici avrebbero poi avuto la possibilità di partecipare ai quattro giorni di laboratori e incontri.
“Lavorare durante la preparazione con una classe gemellata dell’Unione Europea è il valore aggiunto”, racconta Alessandro Parola, Preside del liceo statale Peano Pellico di Cuneo, coinvolto nell’iniziativa. “L’Europa – aggiunge il preside – inizia a Lampedusa”.
Ricominciare con i giovani da questo luogo specifico, per avere la possibilità di esserci e di toccare con mano alcune tematiche, è il senso di ciò che i ragazzi stanno vivendo, affinché l’educazione possa diventare il tramite per capire e conoscere, a partire da una sana educazione e informazione.
Le attività per gli studenti
Ogni giorno, presso l’Istituto Omnicomprensivo Luigi Pirandello, studenti e studentesse italiani ed europei hanno partecipato a diversi incontri e laboratori in cui ONG, comunità, associazioni e corpi di soccorso hanno portato la loro testimonianza in relazione al tema migratorio.
Tra questi, Save the Children, impegnata negli stessi giorni nel soccorso di minori e adulti migranti giunti a Lampedusa, che ha raccontato le frontiere nord attraverso il reportage Nascosti in piena vista, di Daniele Biella, in cui si raccontano le difficoltà di chi migra verso l’Europa attraverso le voci dei minori.
[Qui un approfondimento di Save the Children sul tema]
L’obiettivo primario – oltre a informare su dati e geopolitica dei fenomeni migratori – era quello di avvicinare gli studenti e la cittadinanza alle storie delle persone migranti, vittime di una narrazione che da anni decide di non dare voce alla loro soggettività. Molte sono state le attività ludiche che hanno permesso, a studenti e studentesse, di provare a mettersi nei panni di un rifugiato e di conoscere da vicino donne e uomini che hanno intrapreso un percorso migratorio e che oggi sono in Europa.
Centrale è stato l’incontro tra gli studenti e i sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre 2013. Alcuni sopravvissuti hanno raccontato la propria testimonianza di migrazione, acquisendo così un nome, un volto e una storia dinanzi agli spettatori.
Il valore della memoria: qual è il senso di tutto questo?
Durante le celebrazioni delle ricorrenze spesso ci si pone un interrogativo: “Tante belle parole in questi incontri, tante le emozioni, le lacrime e le preghiere. Ma perché tutto questo se domani io tornerò alla stessa vita di ieri?”
La realtà dei fatti urla a gran voce che le persone continuano a dover scappare e a sbarcare, che le carceri libiche stanno perpetuando torture, e la violazione dei diritti umani è ormai quotidianità.
Commemorare la morte delle persone, ricordando i nomi di chi ha perso la vita in mare, restituisce loro un volto, una dimensione e uno spazio, rendendoli umani agli occhi altrui. Accompagna il dolore di chi è rimasto solo, lenisce lo strazio di chi ha perso una madre, un fratello o un figlio.
Foto: Sopravvissuta ad un naufragio in mare
Riunirsi per ricordare costringe all’esercizio del pensiero.
L’indifferenza, che inizia dove prevale l’incapacità di immedesimazione nell’altro, ha caratterizzato parte della storia dell’umanità.
Le dichiarazioni di universalità dei diritti sono nate perché l’uomo si è fermato, e ha iniziato a pensare. Ha riconosciuto, nell’altro, la sua stessa dignità di essere umano.
Riunire superstiti, attivisti, professori e studenti è un tassello fondamentale per la riuscita di una società più giusta.
I giovani di oggi sono la classe dirigente del futuro. Far provare emozioni così violente, soprattutto su adolescenti del liceo, può avere un’influenza molto profonda sul loro pensiero.
Non sempre in positivo, perché può innescare rabbia che si trasforma poi in indifferenza, oppure può portare alla condizione di impotenza dovuta alla sofferenza da spettatore inerme.
Ai ragazzi e alle ragazze di tutta l’Europa è necessario fornire gli strumenti affinché si rendano parte attiva del cambiamento acquisendo la necessità di essere testimoni di quanto hanno visto e studiato.