Stare “più informa” si può fare. Intervista con Claude Bontorin
Durante il mandato rappresentativo come vicepresidente della Consulta Provinciale degli studenti di Treviso (ottobre 2019 – marzo 2021) sono rimasto stupito da un incontro organizzato con il presidente dell’Associazione Più Informa, Claude Jean Bontorin.
Di particolare interesse è stato il tema dei “bandi per le macchinette delle Scuole”.
Risulta necessario e doveroso contestualizzare il frangente storico in cui è avvenuta la conoscenza di Claude Bontorin: era una estate del 2020 dove timidamente un Paese intero si stava rialzando dalla crisi pandemica di covid 19.
Da rappresentanti della comunità studentesca, dunque, dovevamo anche noi essere di stimolo di sana e sicura ri-apertura. Il sentimento di chiusura regnava sovrano a causa di precise e gravi sofferenze psico-emotive.
Cosa fare dunque per ripartire ? Un’idea era parlare di cibo. Di buon cibo.
Chi è Claude Bontorin e di cosa si occupa Più informa?
Sono il co-fondatore, assieme ad amici e colleghi, di Più Informa, oramai da oltre dieci anni.
L’Associazione da ottobre dello scorso anno è iscritta registro delle associazioni di promozione sociale (RUNTS).
Ci occupiamo prevalentemente di alimentazione sostenibile a basso impatto sociale ed ambientale. A tal fine la filiera del servizio/prodotto viene analizzata e valorizzata in CO2 equivalente emessa. Una metodologia legata alla L.C.A. – analisi del ciclo di vita del prodotto, la durata nel tempo di un qualsiasi bene/servizio – che esprime in numeri l’efficacia delle attività a beneficio delle persone ed ambiente.
Questa è una grande responsabilità da parte delle aziende produttrici di alimenti e bevande sull’impatto ambientale dei prodotti monodose che vendono o commercializzano. Come? Utilizzando gli strumenti di calcolo delle emissioni evidenziando il loro valore sui prodotti affinché i consumatori possano fare scelte consapevoli. Una nuova frontiera dell’economia circolare che ci indirizza verso il riuso dei materiali e nello specifico dei contenitori ed imballi più in generale. Sono molte le attività da fare prima del riciclo, lo dimostra il principio delle 9R che ha sostituito le vecchie 3R; a seguire il dettaglio delle 9R: Refuse (evitare), Rethink (ripensare), Reduce (ridurre), Re-use (riuso), Repair (riparare), Refurbish (restaurare), Remanufacture (rigenerare), Repurpose (riproporre), Recycle (riciclare), Recover.
All’interno del sistema agro-alimentare ci sono dei canali che sono ad alto impatto ambientale e che tutti conosciamo come “monodose”, ricchi di imballi e additivi aggiunti ( lo zucchero ad esempio), visto che sono rivolti alla persona singola. Noi ci occupiamo di questi e della loro riduzione.
Pensate ad esempio alle macchinette (distributori automatici): 25 milioni di persone ogni giorno ne fanno uso. Un valore assolutamente rilevante che dietro di sé si porta grandi criticità per l’ambiente e salute delle persone. Pochi sanno che questi alimenti sono pieni di zuccheri e sale così da renderli appetitosi.
Noi abbiamo dato una valutazione del servizio non concentrandoci solo sulle caratteristiche del singolo prodotto ma focalizzandoci sulle emissioni in CO2 equivalente di tutto il servizio. Dai macchinari, accessori, arredi, rifiuti post consumo e logistica. Una chiave di lettura a 360° che grazie ad un nostro programma (Obiettivo 100) siamo in grado di posizionarli su una scala da 0 a10.
Le nostre linee guida sono inserite nel piano Rigenerazione Scuola (Ministero dell’Istruzione) che tutte le stazioni appaltanti possono richiedere. Vogliamo così dare degli strumenti e rendere sensibili i giovani consumatori verso atteggiamenti più consapevoli.
Andando più nel concreto…
Riusciamo ad intercettare nel sottobosco dei problemi del cibo perché siamo un insieme di professionisti che condividiamo un unico valore: cambiare i servizi di ristoro.
Un po di dati sui quali riflettere?
In Italia a fine 2021 erano installate circa 865mila macchinette per un’utenza giornaliera media di 25 milioni di persone. Nel comparto lavorano circa 36mila addetti e ogni giorni si muovo circa 18mila veicoli.
Come contribuire al cambiamento?
Attraverso i bandi di gara per gli enti pubblici e capitolati nel privato. Le imprese private in questo senso sono autonome, anche se non hanno ancora capito bene cosa vuol dire rigenerarsi in chiave sostenibile.
Tutto quello che viene definito “Bio, sano e salutistico” al 2019 ( nel settore della distribuzione automatica) corrispondeva allo 0,73%.
Nel mondo della ristorazione e su tutto ciò che è “food in Italia” siamo al 2,8%.
Si cambia comunque nel mondo della Grande Distribuzione Organizzata in quanto aumentano gli “scaffali” dei prodotti biologici-salutistici allargando così l’offerta.
Nel caso dei distributori automatici nel privato quanto sopra non avviene perché a monte qualcuno ha già scelto per noi (o, meglio, che decide cosa ci deve essere nelle macchinette). Nel pubblico, in particolare nelle scuole, è il dirigente scolastico.
La scuola è però l’ambiente più adatto per concentrarci in questa attività di educazione, soprattutto per l’età degli utenti che la frequentano.
Attraverso uno studio di consulenza forniamo un servizio per strutturare un bando di gara sostenibile al quale competeranno più operatori con circa il 90% dell’offerta votata alla sostenibilità.
Per la scuola e gli utenti ci sono particolari cambiamenti, impegni da sostenere?
Nelle scuola esiste un problema di responsabilità dell’educatore.
Io so che sto dando da mangiare e bere a delle persone che non hanno tutte le conoscenze che dovrebbero avere gli adulti.
Nel nostro sito abbiamo più di trecento articoli con preziosi dettagli su come sono “costruiti” gli alimenti e le bevande, perché ancora nel 2023 la disinformazione alimentare regna sovrana. Questi articoli sono scritti dai tecnologi ed esperti del settore alimentare che hanno come unico scopo favorire una buona conoscenza. Ad esempio, lei sa cosa vuol dire carne separata meccanicamente?
Sostanzialmente cercate di fare buona informazione
Esatto. Sperando che poi nel consumo quotidiano questi insegnamenti vengano applicati. La “lettura dell’etichetta” viene dopo l’acquisto e sino a quel momento dovremmo fidarci dei claims commerciali sul fronte dei prodotti ( es. ricco di fibre, senza coloranti, conservanti etc) che spesso nascondono la vera qualità dei prodotti.
Una volta che i ragazzi avranno imparato queste piccole-grandi accortezze, da adulti potranno andare nei supermercati della grande distribuzione e destreggiarsi con facilità.
La grande distribuzione e i consumatori oggi sono più attenti?
Troppo poco. Il 65% del cibo consumato gira sulla carne, allevata intensivamente. Per non parlare del latte che spesso viene dall’estero o peggio è in polvere. A volte mi chiedo cosa faccia la nostra regione, il Veneto, che spesso si fa vanto di avere un’importante filiera di agricoltura sostenibile.
La lettura della scheda interna (dove si evince più facilmente com’è fatto un prodotto) è riservata a chi fa B2B (operatori economici) ma fa capire molto. Noi avendone l’accesso pubblichiamo il riassunto dei contenuti e divulghiamo la “traduzione” delle parole spesso ingannevoli presenti negli ingredienti ed etichette (gli esempi sono tantissimi). Tutti possono avere accesso a queste informazioni, la scelta sul cosa non acquistare viene poi naturale.
Mi devo comprare lo yogurt? Andrò a prendermi lo yogurt vero, non “bevanda al gusto di yogurt” (nome tecnico del prodotto), e magari spendo qualche euro in più e acquisto lo yogurt di una piccola cooperativa locale e lo replico poi in casa.
La grande distribuzione e il mercato del cibo in generale gira sulla comunicazione: ci dicono cosa dobbiamo mangiare e che ci fa molto bene attraverso quelli che sono definiti claims nutrizionali.
La nostra forza come consumatori quale è?
Semplice, non comprare. Finché un’azienda non perde clienti tutto il resto sono grandi e belle parole. Noi consumatori abbiamo un grande potere in tal senso.
La pubblicità “pesa” sul prezzo dei prodotti dal 30/40% che poi ricadono sui consumatori. Spese che l’azienda che produce alimenti salutari non ne fa ma investe sul maggior prezzo delle materie prime necessarie alla loro realizzazione. Ne deriva spesso una leggera differenza sul prezzo al consumo.
Tornando alle scuole, invece?
Per far sì che ci sia coerenza, soprattutto nell’ambito scolastico, occorre che quando sono davanti ai distributori automatici o punti ristoro (bar interni, mense, ristorazione) trovino prodotti adeguati. Ma non per una scelta, questa la fa già la pubblicità che è più potente di mille parole, ma per obbligo. Per gli amanti di alcuni noti prodotti suggeriamo l’acquisto nella grande distribuzione. Costano molto meno e ci stanno nello zaino. In fondo cosa mangiare è sempre una libera di scelta!
Nei nostri bandi la struttura tecnica mira a raggiungere nel medio periodo il 100% di cibi sostenibili che porterebbero maggior valore ai territori ed aziende locali.
Pensate che nella cioccolata calda delle macchinette oltre la metà è fecola di patata e il restante quasi tutto zucchero. Per non parlare del tè, al 95% zucchero e molto altro.
In relazione al nuovo codice degli appalti, ci sono delle novità?
Una delle grandi novità riguarda il contributo che le scuole ricevevano: in Italia al 2019 erano circa 30 milioni di euro. Ora sarà volontario e non potrà più essere messo a punteggio. Sarà l’operatore che deciderà quanto offrire all’istituto, un po’ com’era molti anni fa quando si definiva rimborso spese elettriche.
Ma questo, tengo a sottolineare, varrà per tutti. Quindi alle scuole conviene puntare sul sostenibile per ottenere la miglior qualità dei prodotti al giusto prezzo.
Essendo questa parte tecnica un po’ complessa ecco perché abbiamo attivato il servizio bandi sostenibili per le scuole.
Quindi siamo di fronte a una grande opportunità
Esattamente. C’è bisogno di impegno sincero e concreto da parte dei dirigenti scolastici. Mi viene in mente il problema annoso della cosiddetta “ricerca di iscritti” che fanno le scuole in occasione delle iscrizioni. In un certo senso è un’attività di marketing. In questa occasione perché non evidenziare come un istituto ha scelto di avere “macchinette sostenibili”?
La distribuzione automatica e la ristorazione nelle università, come vanno?
Tutto dipende sempre dal bando e dai rettori. Che il livello di sostenibilità dei servizi di ristorazione sia pessimo è sotto gli occhi di tutti.
A seguire un recente articolo sul tema Università e cibo, un rapporto difficile dove abbiamo evidenziato il grande disinteresse che manifestano sul tema food.
Pensate sia cambiato qualcosa? Nulla. Quello di cui mi rendo conto è che oramai le difficoltà tecnico-economiche stanno svanendo ma resta un pernicioso affaticamento culturale che solo il mondo dell’educazione può progressivamente cambiare. E, visti i dati e risultati, le scuole sono quelle più attente, università escluse.
A noi il compito di fare da link con le imprese giuste e aiutare le scuole nella corretta redazione dei bandi, dalla scelta del modello da seguire sino al contratto di somministrazione.