Il gioco d’azzardo non è un gioco
«[…] Era una coppia, marito e moglie. Lavoravano entrambi e tutto. Diventano entrambi dipendenti dal gioco, così, quasi per caso… Si portavano addirittura il figlio dietro perché nessuno dei due riusciva a staccarsi dalle slot machines. E andavano a giocare alle slot con il bambino. Il figlio ha iniziato ad avere dei problemi psichici, i genitori si sono rovinati per pagare i debiti agli usurai – perché poi, anche se il gioco è legale, si rischia sempre di arrivare lì. Il risultato dell’intervista è stato che il giorno dopo l’intervista questi signori avevano uno sfratto esecutivo e dovevano andare a vivere per strada. Non avevano alternative, non c’era nessuno che li volesse in casa».
Lo chiamiamo “gioco”. Con gioco però si usa indicare un’attività ricreativa, di svago, di creazione, spazio, intrattenimento. Giocare è creare, muoversi, conoscere e conoscersi, costruire personalità e spazio. Nulla di più lontano da quello che invece è il gioco d’azzardo, che sarebbe molto più onesto e molto più accorto definire droga. Ed è una droga legalizzata dallo Stato, nei riguardi della quale – purtroppo – non c’è ancora abbastanza consapevolezza. La nostra migliore protezione è invece proprio questa: la consapevolezza. Per non entrare nelle casette di pan di zenzero in cui si nascondono streghe malvage dobbiamo conoscere i sentieri principali e quelli invece infidi, potenzialmente letali – per quanto colorati e invitanti possano apparire.
Abbiamo parlato con Fabio Balocco, giornalista per Il Fatto Quotidiano, che ha raccolto in un libro i dati e le parole di chi queste vie zuccherate le ha inconsapevolmente intraprese, e ne ha vissuto le conseguenze.
Hai scritto un libro sul gioco d’azzardo, si chiama “Per gioco. Voci e numeri dal gioco d’azzardo”. Perché hai scelto di scriverlo?
Personalmente sono sempre stato molto attento alle tematiche che riguardano il sociale, e in particolar entrando nei tabacchi sono sempre rimasto molto colpito dal fatto al vedere queste signore e questi signori – sicuramente non benestanti, spesso e volentieri anziani che avevano soltanto l’introito della pensione – che tentavano la fortuna nei modi più sbagliati, con le slot machines o con i gratta e vinci. In questo senso parto da una sensibilità personale. Poi mosso da questo ho iniziato a cercare e a informarmi sui dati relativi al gioco d’azzardo in Italia per capire realmente quale fosse la mole del gioco. Ottenuti i dati ho voluto arrivare proprio alle persone – anche perché i numeri questo sono, le persone – e ho ascoltato e raccolto le loro storie. Volevo ascoltarli, conoscerli, conoscere le motivazioni che avevano dietro e sapere se fossero riusciti o meno a uscire da questo dramma. Che ormai tutti sappiamo essere classificato come droga a tutti gli effetti.
Dato che soprattutto qui a Torino, a livello editoriale, non c’era nessuna testimonianza di questo mi sono rivolto ad una casa editrice locale e abbiamo colmato questo «gap». È venuto fuori un libro che vuole permettere a tutti di sapere e capire quanto è grave la situazione del gioco d’azzardo in Italia. E quanto anche è importante la responsabilità dello Stato.
Puoi spiegarci meglio in che modo la responsabilità dello Stato è importante?
Se andiamo indietro nel tempo ci accorgiamo che un tempo il gioco d’azzardo era assolutamente vietato e considerato illegale. Poi lo Stato lo ha legalizzato – come a dire “va bene” – e lo ha ovviamente favorito. Lo ha favorito poi ulteriormente perché negli anni ha sempre più ampliato il «perimetro di gioco» al solo fine di incrementarne il guadagno. Perché naturalmente lo Stato ne ha un guadagno importante… Solo che lo Stato guadagnerà anche, ma le persone si rovinano, le famiglie si distruggono, la società va in malora.
Il Movimento Cinque Stelle aveva fatto di uno dei suoi punti cardine la battaglia contro la pubblicità del gioco d’azzardo, e in effetti adesso non ce n’è più molta – anche se c’è da dire che ancora su alcuni canali televisivi privati ci sono ancora dei rimandi ai siti d’azzardo online. Però perlomeno su questo fronte si è fatto un importante passo avanti.
E comunque, anche se è vero che esiste un guadagno per lo Stato, è anche vero che se andiamo a vedere tutti i soldi che poi deve spendere per curare quelli che sono in dipendenza, tutte le cause che vengono fatte di separazione, tutti i farmaci che vengono comprati per lenire dal punto di vista psichico… qui lo Stato perde.
Preferisco di solito non parlare delle politiche perché è difficile trovare delle soluzioni, in particolare nel gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo è in parte legale e in parte illegale. Siamo al solito problema: se tu ipoteticamente chiudessi il gioco legale, andresti ad alimentare quello illegale.
Prendere delle soluzioni come sono state prese, ad esempio, in Piemonte dalla precedente giunta, cioè chiudere le sale da gioco quando sono vicine alle persone più sensibili (scuole, ospedali) ha una valenza relativa, perché da un lato chiudi le sale, dall’altro alimenti il gioco d’azzardo online. Il gioco d’azzardo online è veramente un problema che sta aumentando a dismisura. Ci sono sempre più giovani che giocano online.
Quello che cerco di dire è che è difficile trovare delle soluzioni, mi limito ad osservare che da quando lo Stato ha avuto sempre più buchi da coprire nel bilancio uno dei canali che ha utilizzato è stato proprio quello di alimentare il gioco. E io penso che questo avrebbe quanto meno potuto evitarlo.
Chi sono i “giocatori tipo”?
Emerge molto dalle interviste che ho fatto che la parte della popolazione più dipendente dal gioco è una fascia dal punto di vista economico medio-bassa. Sono persone che proprio sperando di uscire da questa “fascia medio-bassa” si tuffano nel gioco e sperano il “miracolo”. Racconto di persone che si sono effettivamente rovinate. Erano persone che avevano un lavoro, uno stipendio normale, una posizione stabile… E c’è addirittura chi poi ha avuto bisogno di fare rapine per poter continuare a giocare.
Consideriamo che un tempo la gente andava ai casinò, e i casinò erano frequentati soprattutto da persone di abbienti. Adesso il gioco non solo è ovunque (invece di restare comunque all’interno di un luogo particolare come è il casinò) ma è anche proprio alla portata di tutti.
C’è qualcosa di cui non abbiamo avuto modo di parlare che vorresti aggiungere?
Un aspetto che io ci tengo molto a sottolineare è questo: quando ci fu il terremoto dell’Aquila, uno dei provvedimenti che fu preso dal governo fu quello di alimentare il gioco d’azzardo. Praticamente si potevano tenere aperte le sale giochi oltre il termine giornaliero previsto eccetera. Si diceva di poter destinare i soldi del gioco d’azzardo alla ricostruzione delle zone terremotate, che è un po’ simile al provvedimento che era stato preso da altri governi di destinare i proventi alle sovrintendenze come il Ministero dei Beni Culturali.
Questo è veramente vergognoso, veramente vergognoso, perché fa sentire chi gioca – cioè, vorrei ribadirlo, chi si rovina la vita – dei veri e propri benefattori. Come se ti dicessero che comprando le sigarette stai ricostruendo una scuola. Però sulle sigarette c’è scritto che il fumo uccide. Anche il gioco uccide.