Ecolandia. I sogni possono andare a fuoco ma non vanno in fumo
“Vietato calpestare i sogni” recita l’insegna affissa all’entrata di Ecolandia, il parco ludico, tecnologico e ambientale, che da più di dieci anni porta avanti azioni di riqualificazione per la periferia di Reggio Calabria.
Chi lo ama e chi lo odia questo messaggio l’ha capito. Nessuno, infatti, ha provato a calpestarli, i sogni di Ecolandia. La scelta è stata più drastica: darli alle fiamme.
7 aprile 2024. Le fiamme radono al suolo gli uffici della direzione di Ecolandia. Intervengono vigili del fuoco e forze dell’ordine, ma nessuno sa chi sia stato (o addirittura se l’incendio sia veramente doloso), e quando le fiamme sono spente è già troppo tardi. Anni di memorie, lavoro, fatica e sudore sono volati via insieme alla colonna di fumo nero che ha tinto il cielo reggino nelle ore precedenti.
Il parco di Ecolandia non era solo un polmone per la comunità di Reggio Calabria, anche se solo per quello il suo valore sarebbe inestimabile. Ecolandia era un luogo di ritrovo, di educazione, di partecipazione e di aggregazione del quartiere Arghillà, periferia nord di Reggio Calabria, dove è forte la presenza della criminalità “disorganizzata”. “Ghetto”, lo hanno definito i reggini con cui ne ho parlato.
Intimidazioni, minacce, attacchi vandalici, furti: negli anni la direzione del parco ha perso il conto di quante ne siano successe. Ma il fuoco è un marchio, damnatio memoriae, cancella tutto ciò su cui si posa.
Tranne gli ideali.
Ecolandia, per Reggio Calabria, è anche un ideale, la periferia che si riqualifica, la società civile che prende parte a un progetto per sé stessa e, alla fine, più grande di sé. L’iniziativa che parte dal basso di mettere le mani in pasta e nel fango, non aver paura di sporcarsi le mani pur di creare un posto dove famiglie e persone possano passare del tempo insieme, divertirsi e anche imparare.
«Non abbiamo terminato l’inventario ma non è rimasto più niente, solo le pareti sono rimaste su» ha detto il direttore del parco Piero Milasi. Ecolandia era un simbolo di resilienza, del quartiere di Arghillà che non cedeva alle intimidazioni, alla delinquenza, agli atti vandalici. “La libertà non ha pizzo” è il nome della rete, promossa da Libera, a cui aderisce il consorzio del parco. Un’oasi di legalità immersa in tutto ciò che gli va contro.
Adesso gli uffici sono solo quattro mura vuote, con un bel po’ di cenere che sporca le pareti, ma Ecolandia non si arrende. Lo scorso 13 aprile, il consorzio insieme alla rete di imprese, associazioni, organizzazioni e cittadini che da anni supportano il parco, hanno “festeggiato” con tanto di esibizione, a titolo volontario, degli artisti locali. Le presenze registrate sono state intorno alle 2.000, un numero da record per la città di Reggio Calabria.
La locandina dell’evento recita, alla fine: «è solo uniti che si superano le difficoltà e si testimonia alle nuove generazioni che al Parco Ecolandia è “vietato calpestare i sogni”».
Hanno anche lanciato una raccolta fondi. «Ecolandia […] si è sempre rialzata, avendo scelto di resistere sul nostro territorio. Lo faremo anche stavolta.» dicono su Produzioni dal Basso.
Gemma, Aurora, Mariam e Diana, ragazze del gruppo cittadino di Reggio Calabria per il Movimento Giovani per Save the Children, mi hanno detto che cosa rappresenta Ecolandia per loro:
«Il parco Ecolandia per me rappresenta un’oasi verde, uno spazio verde: non è scontato per niente sul nostro territorio avere uno spazio a contatto con la natura che promuova idee ecosostenibili e che portiamo avanti anche come Movimento» (Gemma).
«Ecolandia per me è stato un luogo pieno di ricordi. Ricordi legati alla mia famiglia con la quale più volte sono andata trascorrendo lì la mia giornata tra risate e tanto divertimento, tra la casetta in legno e gli specchi deformanti. È un luogo di relax dal caos del traffico cittadino. Ognuno di noi sente il bisogno di avere un po’ di pace e questo è un posto ideale» (Aurora).
«Ecolandia per noi rappresenta uno spazio di natura e divertimento» (Mariam e Diana).