Reddito Universale Garantito: le misure economiche anti-Covid ci proiettano nel futuro

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Questo articolo, abbiamo deciso di ripubblicarlo perché tratta un tema molto importante, ovvero il sostegno alle fasce deboli e il reddito universale garantito.

La situazione di emergenza sanitaria ed economica del nostro Paese rende sempre attuale questo argomento e prepara anch’esso all’evento del 14 dicembre nell’ambito del Forum Disuguaglianze e Diversità a cui parteciperemo come redazione.

Articolo pubblicato il 7 aprile 2020

Il dibattito attorno a un sostegno economico in soccorso per le fasce più deboli della popolazione in Italia è salito alla ribalta da quando esattamente un anno fa, con la travagliata manovra economica del governo Conte I, il Movimento 5 Stelle è riuscito a far passare uno dei suoi cavalli di battaglia elettorali: il Reddito di Cittadinanza (RdC). 

Definito dal titolo I del decreto legge 4/2019 come una “misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”, è possibile ribadire ciò che diversi studiosi hanno spesso sottolineato: che l’RdC non è assimilabile alla definizione vera e propria di “Reddito di cittadinanza”, che invece è definito come “un reddito versato da una comunità politica a tutti i suoi membri su base individuale senza controllo delle risorse né esigenza di contropartite” [1].

L’RdC assume infatti le caratteristiche di un Reddito Minimo Garantito, in quanto non è universale (non sarà destinato a tutti coloro che hanno cittadinanza ma sarà destinato ai non occupati, ai disoccupati e a coloro che percepiscono un reddito inferiore ad una certa soglia), non è individuale (ma dipenderà dallo status economico familiare), viene elargito a chi è in età lavorativa, dipendentemente dal reddito percepito (se minimo ad un determinato importo), dalla situazione reddituale familiare e anche dall’accertamento della situazione economica e dall’attività di ricerca di un lavoro. L’iscrizione ai centri per l’impiego, la disponibilità di svolgere lavori socialmente utili e la necessità che sia speso in maniera “morale” sono infatti gli obblighi richiesti per usufruire del beneficio.

Nella concitazione di questi giorni presi in ostaggio dalla pandemia di Covid-19 che ha bloccato buona parte del settore produttivo, obbligando interi complessi industriali alla chiusura e di conseguenza mettendo a rischio i posti di lavoro, si sta facendo sempre più largo l’idea del Reddito di Quarantena, arrivando a conquistare un posto tra i neologismi della Treccani

La depressione economica che seguirà la crisi sanitaria globale inizia a farsi intravedere all’orizzonte, spingendo anche chi, in piena crisi economica di inizio decennio, predicava l’austerity come via maestra per uscirne fuori, a proporre misure che si potrebbero definire espansive. È il caso ad esempio dell’ex Presidente della BCE Mario Draghi che nell’intervista rilasciata al Financial Times si esprime sulla necessità di sostenere con un “basic income” – reddito minimo – chi perde il lavoro.

Alcuni vanno anche oltre queste richieste di aiuto proponendo lo “universal basic income” (UBI), un sussidio universale, distribuito senza condizioni a tutta la popolazione, e il cosiddetto “helicopter money“, il trasferimento di denaro creato dalle banche centrali direttamente nei conti delle persone. Ciò ovviamente non può essere possibile senzaingenti indebitamenti dei Paesi, che arriveranno a spendere fino a livelli ritenuti impensabili solo fino a qualche mese fa. Motivazioni che potrebbero spiegare gli attriti di queste settimane tra alcuni paesi europei, Italia in prima fila, e le istituzioni dell’Unione, restii ad attuare misure straordinarie, anche vista la centralità di una banca che fa riferimento a più Paesi.

Non è infatti il caso degli Stati Uniti, dove Donald Trump e il Congresso hanno deciso che verseranno ai cittadini – salvo quelli con uno stipendio medio-alto – un sussidio una tantum incondizionato pari a 1.200 dollari per ogni adulto e 500 per ogni bambino, e non escludono di ripetere l’operazione nei prossimi mesi. Idem in Giappone, dove il Governo ha annunciato un piano simile, anche se di dimensioni molto più ridotte: un versamento di poco più di 100 dollari al mese per ogni persona per la durata della crisi. Per rimanere in Europa la Danimarca, per esempio, ha approvato la sospensione di tutti i limiti e gli obblighi che normalmente si applicano al sussidio di disoccupazione, mentre i requisiti per farne richiesta sono stati semplificati. Non sarà più necessario accettare proposte di lavoro, partecipare a corsi e colloqui, e anche coloro a cui il sussidio è scaduto continueranno a riceverlo.

In Italia, il governo per il momento sembra intenzionato a seguire una strategia più simile a quella del governo danese, piuttosto che introdurre un nuovo sussidio davvero universale, usufruendo quindi della struttura dell’RdC. Il cosiddetto decreto “Cura-Italia”, il primo tentativo di introdurre misure per tutelare famiglie e imprese dalle conseguenze della crisi, si basa soprattutto sui tradizionali strumenti “discrezionali” da sempre utilizzati nel nostro paese. Qualcosa di simile a un “reddito universale”, anche se limitato a una sola categoria, è stato pensato per i lavoratori autonomi e i professionisti, che potranno richiedere all’INPS o alle loro casse di previdenza private un sussidio di 600 euro per il mese di marzo (l’unica condizione è che chi ha fatturato più di 35 mila euro nell’anno precedente dovrà autocertificare di aver subito un calo di fatturato pari al 33 per cento nel mese di marzo 2020).

Il Forum Diseguaglianze Diversità, presieduta dall’ex ministro Fabrizio Barca, vista la macchinosa burocrazia che sta dietro all’ottenimento dell’RdC, ha proposto di trasformarlo in un “reddito di cittadinanza per l’emergenza”: uno strumento più semplice e agile, privo di requisiti patrimoniali e destinato non solo ai percettori del normale reddito di cittadinanza, ma anche ai lavoratori atipici, ai lavoratori con contratti a tempo determinato in scadenza, ai lavoratori a chiamata e agli inoccupati a cui sta per terminare il sussidio di disoccupazione, e ad alcune categorie di lavoratori che oggi non ne hanno diritto, come la gran parte degli stranieri residenti (secondo il forum si parla di circa 6-7 milioni di persone).

Ipotesi e soluzioni che potenzialmente guardano al futuro, a quando la prospettiva della piena automazione diventerà realtà. Necessario, in un contesto in cui ci sarà un lavoro minimo da svolgere per la razza umana, sarà garantire un reddito universale garantito che consenta a tutti di potersi sostentare. Affinché però questo grande passo dell’umanità non corrisponda alla sua eliminazione definitiva, prima di arrivare a quel punto bisognerà assicurarsi di un elemento fondamentale che non concentri ulteriormente il Capitale e ci faccia superare il classismo su cui il mercato si fonda: la collettivizzazione dei mezzi di produzione.  

[1] (P. Van Parijs e Y. Vanderborght “Il reddito di base. Una proposta radical

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