La voce di Totò, imprenditore pugliese che resiste alla crisi Coronavirus
Articolo pubblicato il 19 maggio 2020
La voce di Totò, a distanza di 6 mesi, rimane ancora essenziale per comprendere l’impatto che avuto l’emergenza Covid-19 sui cittadini e della resilienza nata dal basso. È una voce di speranza, di amore incondizionato per la propria terra.
Ci sono luoghi che abbiamo preso l’abitudine di amare e senza i quali ci sentiremmo come degli innamorati traditi. Luoghi per cui esporsi e lottare, perché tra quelle mura ci siamo sentiti più liberi, accolti, più socievoli, abbiamo confidato segreti e progetti, accompagnato sogni tra le note di un concerto e la brezza serale. Ci sono luoghi in cui la magia è a portata di casa e la sintesi di tutto questo è Zoelogic, un’enoteca situata nel centro storico di Grottaglie, in provincia di Taranto. Il suo gestore Salvatore Nuzzo ci racconta oggi cosa significa essere imprenditore durante un’epidemia e cosa si prova a vivere l’attesa di una riapertura. La sua storia è lo specchio di una più ampia e complessa realtà.
“Mi chiamo Salvatore Nuzzo, conosciuto da tutti come Totò. Ho 51 anni e da anni gestisco lo Zoelogic, un luogo pensato per offrire al cliente un ottimo prodotto e una buona compagnia. Il mio lavoro è la mia soddisfazione, qui le persone si incontrano benché diverse. Ora invece ci vogliono lontani e questo mi dispiace, ci vogliono scrostare l’uno dall’altro. E quando ci pensi stai male, hai l’umore a pezzi. Poi ti guardi attorno e ti ritrovi circondato da tantissime persone che ti sostengono, ti chiamano e mi commuovo. Sono venticinque anni che faccio questo lavoro, ho avuto precedenti attività e attraversato momenti difficili, ma vedevo sempre una potenzialità e continuavo. Questo lavoro l’ho creato da solo e non devo dar conto a nessuno, ma oggi è diverso. La pandemia ha aperto un tempo di incertezze e sofferenza. Durante questi mesi mi sono chiesto come fosse possibile che tutto ciò stesse accadendo e l’informazione, ti dirò, non mi ha aiutato a chiarire tanti aspetti. Stiamo vivendo in balia della disinformazione e questo sta provocando un pericoloso disorientamento. L’incertezza ti consuma, piano piano. La mia categoria lavorativa è in crisi e anche dopo la riapertura non sarà facile perché la merce scaricata a febbraio nessuno l’ha pagata, molta è scaduta e tanta altra buttata. Ci aspettano nuove spese, dimezzamento del personale e aumento dei prezzi. Se prima investivo in corsi di aggiornamento e prodotti nuovi per sopravvivere contro le grandi aziende, al momento non potrò più farlo. Sospenderò anche i concerti di musica dal vivo, al di là del problema assembramenti, vivremo una generalizzata decrescita culturale”.
È iniziata la bella stagione e pensi che cambierà qualcosa? “La gente è terrorizzata, ognuno ha la propria paura, ma la paura è anche un fatto culturale e questo non deve diventare normalità. Dobbiamo usare la testa e quindi il buon senso. Noi imprenditori ci adegueremo alle regole di distanziamento sociale, ma lo Stato dov’è? Lo sconforto generalizzato ha però creato una nuova frontline. Poco dopo lo scoppio epidemico è nato a Bari il Movimento Impresa, un’associazione nazionale che ha riunito sotto lo stesso statuto la voce di tutta la catena ristorativa e turistica del Paese. Siamo piccole e medie imprese che credono nella coesione, siamo l’esercito degli imprenditori, mi piace chiamarci così. O ci uniamo tutti, o saremo bastonati. Non c’è una via di mezzo. E poi ti immagini un Paese senza di noi? Perché l’ex-Ilva di Taranto o le fabbriche di vernice sono rimaste aperte e invece a noi è stato negato? Ai miei figli dico invece che a nessuno dovranno mai permettere di levargli la libertà e che se dovesse accadere di lottare per riconquistarla”.
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