L’inflazione dei libri di testo: che fare?
L’aumento generalizzato dei prezzi colpisce anche i libri di testo utilizzati nelle scuole di ogni ordine e grado.
Per una classe prima di istruzione secondaria di II° possiamo anche superare i 500 euro: di solito infatti le “scuole superiori” risultano essere le più costose per quanto riguarda i libri di testo a causa delle 13 discipline impartite.
Il tutto unito a una congiunturale crisi economica in area euro e non solo, con la specificità italiana di un paese nel quale non vi è un idoneo adeguamento salariale, che mettono in serie difficoltà famiglie che devono sostenere sforzi economici per acquistare libri e materiali necessari alla prosecuzione del percorso di istruzione.
Detta diversamente: nel nostro ordinamento, dove i libri di testo hanno un ruolo cruciale (vige la cosiddetta “centralità del libro di testo”), avere difficoltà ad acquistare i manuali significa incorrere in un vulnus al diritto-dovere allo studio.
Urge dunque un intervento statale, che trova il suo fondamento nella nostra Carta costituzionale, prima di tutto nell’articolo 3, proprio nel punto in cui recita:
“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Vale la pena approfondire il secondo comma dell’articolo 3: si tratti infatti di un articolo rientrante nei principi supremi che caratterizzano la Nostra Nazione e, pertanto, immodificabili. La Repubblica pertanto deve operare attraverso disparità di trattamento non irragionevoli per consentire l’applicazione dell’uguaglianza sostanziale. Al Ministero dell’Istruzione e del Merito, poi, non sfuggirà la sua attenzione per il caro libri di testo anche in vista dell’articolo 34:
“I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Fissati dunque i presupposti giuridici (e di civiltà) che impongono allo Stato di impegnarsi, analizziamo come la cittadinanza ha avanzato proposte fattibili e concrete per arginare questo problema.
Come intervenire?
La commissione Cultura e Istruzione presso la Camera dei deputati si è messa in tal senso in ascolto di proposte provenienti da rappresentanti del mondo associativo, sindacale e studentesco.
Una delle ipotesi ventilate dalla maggioranza di governo è quella di ampliare il Fondo per il diritto allo studio e, di concerto con il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, utilizzare la “carta del merito” anche per l’acquisto di libri scolastici. Secondo un’indagine realizzata da Adoc – Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori – ed Eures – European Employment Services – in tre grandi aree metropolitane italiane per l’anno 2023/24, le famiglie italiane spenderanno 1,45 miliardi di euro per l’acquisto dei libri scolastici per gli oltre 4 milioni e 300 mila studenti iscritti alle scuole secondarie superiori di primo e secondo grado.
Il Forum delle associazioni familiari consiglia di aumentare le risorse economiche del fondo per i libri di testo affinché le famiglie possano, in sede di dichiarazione dei redditi, dichiarare quanto speso e ottenere una maggiore detrazione fiscale. Tale proposta, temporanea e istintivamente “emotiva”, non tiene conto della scarsità di risorse che il bilancio dello Stato non potrà garantire in misura idonea ad affievolire aumenti di costi che il mondo della carta stampata sta sostenendo e che fa pagare all’acquirente finale.
C’è anche da ricordare che, al tempo stesso, le case editrici chiedono anch’esse contributi a fondo perduto per venire loro incontro alle spese di elettricità (assai aumentata recentemente).
Un aumento di contributi e finanziamenti a famiglie e imprese comporta sempre o un maggiore indebitamento da parte dello Stato (e quindi di tutti noi, giovani generazioni) specialmente se le risorse mancano o sono insufficienti. C’è anche da considerare che “fare la lotta” al carovita è una strategia storicamente non vincente.
Risolvere i problemi di una inflazione spropositata è problema che nel mondo dell’editoria scolastica possono risolvere solo le case editrici. Siamo stracolmi di realtà che pubblicano nuovi testi (talvolta ridondanti e non innovativi dal punto di vista didattico). Pubblicare un nuovo testo scolastico richiede finanziamenti che, a maggior ragione in tempi di crisi, fa aumentare i prezzi.
I tecnici del settore più attenti ai fenomeni formativi optano per altro: perchè non pensare che a scuola non si deve necessariamente avere un libro per materia ma acquistare/adottare un testo alternativo?
I vari fenomeni di scuola senza zaino in tal senso sono vincenti. Sono insegnante di Italiano? Invece di far adottare quelle costosissime antologie faccio acquistare un libro, magari “La Divina Commedia”. Oppure altro. Riducendo le spese per le famiglie e centralizzando un apprendimento laboratoriale vero.
Questo non vuol dire che non si farà scuola, o se ne farà meno, ma significa valorizzare le esperienze professionali del docente e incentivare gli studenti a scrivere, ad ascoltare e. perché no, a un uso consapevole delle nuove tecnologie.
Sia chiaro: non è disincentivare la lettura, anzi. La cassettizzazione del libro di testo significa fare veramente scuola con proprietà di linguaggio e che garantisce un concreto aiuto alle famiglie.
Il mio professore di Diritto privato all’università ha scritto nell’area riservata di noi studenti “Testo base in preparazione all’esame è il codice civile”. Non il manuale X o Y.
L’analisi, l’approfondimento minuto e certosino di argomenti graditi dovrebbero essere stimolati come interessi personali liberi e autonomi dei discenti, senza dimenticare che si deve educare ad essere liberi, a scrivere e a discernere ciò che va letto e appuntato e ciò che è superfluo.
Le case editrici non perderanno mercato, anzi, potranno specializzarsi in ricerche autentiche dei testi che gli insegnanti reputano utili. Seguiranno la domanda adeguando la loro offerta.
L’adozione alternativa al libro di testo risulta essere una possibile strada per ridurre costi insostenibili, difficoltà da parte dello Stato a elargire fondi e aiuti ma, soprattutto, sarebbe il vero passo verso una autentica educazione per competenze.