Tra Erasmus e Brexit. L’Europa raccontata da Cafébabel.com
Cafébabel è il primo magazine online fatto dai giovani per i giovani di tutta Europa. La piattaforma è stata creata nel 2001 da un gruppo di studenti Erasmus e da quel momento l’evoluzione è stata continua: quello che all’inizio era nato come un blog si è trasformato negli anni in un grande portale che accoglie più di 250mila visitatori al mese. Per saperne di più abbiamo intervistato Alexander Damiano Ricci, web editor di Cafébabel.com
Cosa vi ha spinto a realizzare un “magazine partecipativo multilingue”?
Nel nostro portale online i giovani europei hanno la possibilità di scrivere articoli nella propria lingua madre, che vengono poi editati e tradotti da un gruppo di giornalisti professionisti. Il magazine online è una piattaforma unica nel suo genere: un network di autori, traduttori, filmakers e fotografi lavora per costruire insieme una narrazione europea quotidiana. Il sito è oggi disponibile in sei lingue – inglese, francese, spagnolo, tedesco, italiano e polacco – tra queste, l’italiano e il francese sono le più attive.
Nei primi anni 2000, quando Cafébabel ha iniziato a fornire i primi contenuti al suo pubblico, si trattava di qualcosa di rivoluzionario in un tempo senza social network. Negli anni il progetto si è espanso, anche grazie ai finanziamenti della Commissione Europea, che non finanzia media ma incentiva la cittadinanza attiva.
Inizialmente, chiunque avesse voglia di scrivere e avesse un po’ di dimestichezza con il web poteva pubblicare un contenuto su Cafébabel.com. Negli ultimi anni, invece, abbiamo iniziato a sperimentare il giornalismo partecipativo, per fornire contenuti di qualità anche dal punto di vista formale. Il giornalismo partecipativo consiste nell’accompagnare il redattore durante il percorso di scrittura, per questo portiamo avanti un progetto di cittadinanza attiva.
In questi mesi di emergenza sanitaria una ragazza di 19 anni che si trova negli Stati Uniti aveva espresso il desiderio di raccontare la propria esperienza con il Covid-19. Da quel primo contatto ha avuto inizio un percorso di scambio e riflessione che ha portato poi alla pubblicazione dell’articolo sulla piattaforma.
Una volta che il contenuto è online entra in gioco la squadra dei traduttori volontari, la caratteristica che – insieme alla costituzione della nostra redazione – fa di noi un magazine multilingue.
Cafébabel è il punto di riferimento per la generazione Erasmus, per chi si sente a casa in Europa. Cosa significa, secondo voi, essere cittadini europei oggi?
Storicamente, l’idea di Europa nasce prima di quella di nazione; Chabod nella sua Storia dell’idea di Europa sviluppa i vari passaggi che dall’antichità fino ai nostri tempi hanno portato alla formazione di una coscienza europea, della consapevolezza di appartenere ad una realtà politica, geografica e culturale.
Secondo me è una concezione, se non un sentimento, che deve sorgere spontaneamente. È un’idea che si sviluppa senza opposizione tra identità europea e nazionale, perché queste si contaminano vicendevolmente.
Noi, come Cafébabel, cerchiamo di andare oltre il progetto politico, vediamo l’Europa come un laboratorio partecipativo.
Spesso l’Europa e l’Unione Europea si avvertono distanti, se non addirittura ostili alle politiche nazionali. C’è poca informazione riguardo le dinamiche europee e negli ultimi anni abbiamo assistito a un crescente sentimento antieuropeo ed euroscettico in molti paesi membri. Credi che la narrazione sull’Europa fatta dai media abbia contribuito alla diffusione di questi sentimenti?
Si dice spesso che di Europa si parli poco e male, però è anche vero che se ne parla molto più di prima e questo non è negativo. Sarebbe negativo se ci fosse un’autorità non politicizzata, non discussa. Se quindi non è vero che se ne parla poco è vero che se ne parla male: dire che la Svezia, la Danimarca, l’Austria e l’Olanda si oppongono al recovery fund è diverso dal dire che l’Europa si oppone al recovery fund, è diverso dal dire che l’Europa dice “no”.
L’euroscetticismo non va attribuito al lavoro dei media perché è molto radicato nella società. Forse il problema più grave, secondo me, è la mancanza di conoscenza dell’Unione Europea nelle scuole.
L’informazione sull’Europa cambierà radicalmente solo quando ci sarà un ricambio generazionale all’interno delle redazioni. Basti pensare che tradizionalmente l’informazione sull’Europa viene fatta dai corrispondenti esteri. Oggi questa modalità non è più sufficiente.
È sicuramente vero che il giornalismo italiano è più legato alla politica nazionale di tanti altri giornalismi europei ma, anche se ci sono ancora molte resistenze, possiamo già apprezzare alcune sezioni di approfondimento sull’Europa.
Da febbraio il Regno Unito non fa più parte dell’Unione Europea e il 2020 sarà l’anno della transizione. Come avete raccontato la Brexit?
Abbiamo ospitato un podcast, il Post Brexit News Explosion. Settimana dopo settimana, il podcast a cura di Angelo Boccato e Alessandro Mariscalco ha raccontato le principali notizie provenienti dal Regno Unito. E poi vari articoli, in uno di questi abbiamo anche analizzato il legame tra cultura pop e serie tv e come le serie abbiano in qualche modo alimentato la Brexit, ponendo forse troppo l’accento sull’orgoglio nazionale a discapito di altre realtà.
Cafébabel.com ha l’obiettivo di fare un giornalismo partecipativo di qualità. Quale è il vostro rapporto con le fake news?
In passato la pubblicazione sul sito era totalmente libera, e per questo era più complicato gestire la qualità del prodotto. Da qualche anno però per pubblicare è necessaria la validazione dell’editor, anche perché il web di oggi non è più il web di 20 anni fa. Il fatto di non essere legati all’attualità, di prendersi il tempo di controllare i numeri e le affermazioni, è sicuramente un vantaggio che ci permette di evitare le fake news. Anche la composizione multilingue della redazione aiuta molto in questo senso. C’è contaminazione e scambio all’interno della redazione.
Quali consigli daresti a noi ragazze e ragazzi di Change The Future?
C’è bisogno di una generazione di giovani giornalisti che non abbia paura di staccarsi dall’attualità della politica italiana, che non abbia paura di fallire e di migliorarsi. Vi consiglio di non mollare, di non dare ascolto a chi dice che siete ancora troppo giovani. Non arrendetevi. Cambiare le cose è molto più facile di quanto si pensi.
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