L’alternanza scuola-lavoro riparte dai giovani: il manifesto di StartNet Youth

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“La bellezza di questo percorso è che noi giovani abbiamo creato dal basso qualcosa che possa finalmente aiutare a risollevare gli studenti e l’alternanza scuola-lavoro”. A parlare è Alessia Petino, 16 anni, studentessa dell’Istituto Tecnico Commerciale Costa e del conservatorio di Lecce. Il percorso a cui si riferisce è l’attivismo in StartNet Youth (SY), una rete di giovani del Sud Italia che ha realizzato un manifesto per migliorare la transizione scuola-lavoro e in particolare i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, l’attuale nome dell’alternanza).

“L’obiettivo non è rivoluzionare l’alternanza scuola-lavoro, ma concretizzare il ruolo che dovrebbe avere” spiega Emanuele Renna, attivista di SY e studente al primo anno di Management Digitale. “A livello di leggi c’è già tutto, però non funziona”. Il manifesto, progettato in più mesi a fianco di diversi partner privati e pubblici , è stato presentato il 13 maggio alle Officine Cantelmo di Lecce. A seguito dell’evento, abbiamo parlato con Emanuele e Alessia della loro esperienza in StartNet Youth.

Cos’è StarNet Youth

StartNet Youth è l’organismo giovanile di StartNet, una rete multi-stakeholder che dal 2017 unisce scuole, istituzioni, privati e Terzo Settore per promuovere progetti e politiche di transizione dalla scuola al lavoro. È nato nel 2021 nell’ambito dell’iniziativa GEN C (Generazione Changemaker) di Agenzia Nazionale Giovani e Ashoka Italia e, al momento, coinvolge una trentina di giovani tra i 14 e 26 anni di Puglia, Basilicata e Campania.

Ma cos’è SY per chi lo vive da dentro? “Dall’esterno probabilmente sarà emerso poco a proposito del ruolo e della grinta del nostro gruppo” racconta Emanuele. “Oltre ad essere un movimento, un gruppo di ragazzi che ha deciso di fare qualcosa e lo ha messo per iscritto, StartNet Youth è la possibilità che hanno ora Puglia, Basilicata e Campania di difendersi dallo spopolamento. Questo è il problema da cui siamo partiti e solo dopo, identificando i diversi fattori su cui intervenire realisticamente, abbiamo iniziato a parlare di PCTO”.

Il primo incontro del gruppo, avvenuto a Corato nell’ottobre 2021, è nato infatti come riunione per far conoscere e confrontare diversi giovani changemaker. “Solo dopo ci è stato detto che avrebbe portato altro, il percorso che si è concretizzato nel nostro manifesto” spiega Emanuele. “Inoltre” precisa, “è una realtà molto più dinamica di quanto sto raccontando: siamo noi che tramite i nostri progetti personali e le nostre competenze portiamo valore al gruppo, facendo in modo che dalla rete nascano sempre nuovi progetti”.

“Ho partecipato a partire dal secondo incontro a Bisceglie,” aggiunge Alessia, “quando abbiamo iniziato a entrare nel vivo del percorso dividendoci in cinque tavoli di lavoro. Quando mi è stato proposto, il progetto mi ha interessato da subito: essendo al terzo anno delle superiori, sto entrando proprio ora nel mondo dell’alternanza e ho notato tante cose che non funzionano o che comunque possono essere migliorate, anche da noi giovani”.

Problemi e soluzioni per l’alternanza

Quali sono dunque le maggiori criticità dei PCTO oggi? “Per cominciare,” spiega Alessia, “soprattutto dopo la pandemia, è molto difficile trovare imprese disposte a offrire percorsi di alternanza, quindi diventa complicato completare anche il minimo di ore previsto. A meno che lo studente stesso non presenti un proprio progetto, è la scuola a proporre alcuni percorsi in azienda, ma la scelta è molto limitata”. “Molto spesso” precisa Emanuele, “le imprese ci sono, ma non vengono intercettate”.

Inoltre, da parte dei docenti rimane ancora la percezione che l’alternanza rubi ore ai programmi scolastici. “Molti professori,” spiega Alessia, “ma anche genitori, non prendono sul serio l’alternanza, quindi non danno agli studenti la giusta motivazione per affrontare i PCTO prima e quello che sarà il il mondo del lavoro poi”. 

Una prima soluzione proposta da SY è l’introduzione dei mentori, tutor esterni alla scuola e all’azienda che supportino gli studenti sia nella scelta del PCTO più idoneo che durante tutto il suo svolgimento. Un ruolo che, come suggerito nel manifesto, potrebbero svolgere dei giovani come servizio civile o tirocinio curriculare universitario. “La figura del mentore” spiega Alessia, “deve essere qualcuno che si dedichi esclusivamente all’alternanza, non un professore. Occuparsi di organizzare i PCTO in aggiunta alla propria materia può risultare per un docente una forzatura, che poi trasmette agli studenti non invogliandoli a completare le attività”. 

“L’alternanza” aggiunge Emanuele, “è uno dei pochi modi delle istituzioni per far appassionare i ragazzi a qualcosa, perché spesso input e stimoli sono pochi. Se non sfrutti l’opportunità di consigliarli nel percorso, i ragazzi difficilmente troveranno un posto dove possano stare bene e fare qualcosa di utile. Ora io sono all’università e, a causa della pandemia, ho fatto solo un anno completo di alternanza: ho scelto l’azienda per conto mio perché avevo le idee chiare, ma se non fosse stato per questo dove mi avrebbero mandato? A fare fotocopie”.

Tra i vari punti del manifesto, anche la presenza garantita di psicologi all’interno delle scuole e l’introduzione di uno sportello di supporto agli studenti nella scelta del loro futuro accademico e professionale. “È importante” spiega Alessia, “che la scuola ascolti gli studenti e li sostenga anche a livello psicologico durante un’età così difficile. Occorre capire che cosa vogliano fare della loro vita e aiutarli a trovare ciò che è meglio per loro.” “Un’altra proposta del nostro programma che sostengo sempre” aggiunge Emanuele, “è integrare l’alternanza scuola-lavoro con le opportunità di mobilità europee”.

Scuola-azienda e sicurezza

Restano poi due storiche critiche al sistema duale dell’alternanza: quelle al modello di “scuola-azienda”, secondo le quali il mondo dell’impresa andrebbe tenuto completamente fuori dai programmi scolastici, e quelle che denunciano i rischi per la sicurezza degli studenti. Le seconde hanno animato diverse manifestazioni contro l’alternanza in seguito alla morte in azienda dello studente Lorenzo Parelli, nonostante l’incidente non fosse avvenuto durante un PCTO.

“Prima di fare una qualsiasi attività di PCTO ci vuole un percorso di sicurezza sul lavoro, questo è certo” risponde Alessia. “Però l’alternanza è formazione e credo comunque che la formazione sui libri e quella in azienda debbano essere alla pari. Io studio economia aziendale in un Istituto Tecnico Commerciale, ma se poi vado a lavorare da un commercialista e non ho idea di come applicare la teoria vuol dire che manca qualcosa alla base”. 

“Sicuramente” prosegue Emanuele, “la scuola dovrebbe essere più pratica. L’alternanza è fatta per concretizzare questo ruolo, però non va associata solo al lavoro come inteso dall’art. 4 della Costituzione, per questo ora ha un nome diverso. Si tratta di formazione in senso ampio, che include orientamento, skill che saranno utili in futuro e progetti europei. Qui in Puglia c’è molto lavoro stagionale e tanti ragazzi smettono di studiare appena iniziano a percepire un piccolo reddito. Dando loro consigli prima, puoi fargli scoprire più possibilità”.

Stanchi di essere contro, pronti a fare di più

Alla presentazione del manifesto a Lecce erano presenti diversi rappresentanti istituzionali, come Sebastiano Leo, Assessore per l’Istruzione, la Formazione e il Lavoro della Regione Puglia, e Lucia Abbinante, Direttrice dell’Agenzia Nazionale Giovani. Quello che dai discorsi dei politici poteva apparire come un tipico evento di youth washing rappresenta in realtà l’attuale apice di un processo che ha visto la partecipazione attiva di enti pubblici e privati.

“Abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con enti e istituzioni, come Confindustria Puglia (tra i fondatori di StartNet, ndr) e alcuni assessori regionali. Gli organizzatori hanno semplicemente fatto da passaparola e portavoce di ciò che usciva fuori dai nostri incontri” spiega Emanuele. “Ci siamo stancati di andare contro, anche se effettivamente ci sarebbero i motivi. Dove c’erano punti su cui non ci trovavamo coi partner istituzionali abbiamo cercato dei compromessi”.

Dopo un mese dalla presentazione del manifesto, SY sta continuando a progettare la realtà delle sue proposte, come l’identificazione dei parametri del mentore e i corsi di aggiornamento per professori su metodi di insegnamento alternativi e soft skill. “Alcuni dei nostri membri” racconta Emanuele, “erano già attivi all’interno delle scuole con percorsi che offrono ai docenti strumenti di intelligenza emotiva per migliorare la qualità dell’ambiente di lavoro scolastico e il rapporto con studenti e famiglie. Queste attività di formazione prevedono una serie di monitoraggi e stanno ora venendo integrate in SY. Questo è un esempio di ciò che vogliamo fare: piantare piccoli semi, capire a quali risultati portano per poi estenderli”. 

Il prossimo passo fondamentale, come spiega Alessia, sarà espandere la rete di StartNet Youth: “Vogliamo entrare all’interno delle scuole, spiegare cos’è StartNet, far conoscere il manifesto e allargare il nostro gruppo”.