L’Italia e lo Yemen in diretta Facebook: testimoniare un conflitto ai tempi della quarantena
In Yemen si sta compiendo la più grave crisi umanitaria al mondo e la pandemia da Covid-19 rischia di aggravare la situazione. Il virus abbatte i confini con un colpo di tosse. Sarebbe un alleato perfetto, se non fosse mortale. Per capire meglio la cecità della comunità internazionale di fronte a questo disastro, ma nel piccolo anche la nostra, Raffaele Crocco, ideatore di “Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo,” in collaborazione con Intersos, ha organizzato una diretta Facebook con esperti del conflitto yemenita per fare il punto della situazione in vista della minaccia epidemica.
Sono trascorsi cinque anni dallo scoppio della guerra civile in Yemen. Laura Silvia Battaglia, reporter in aree di crisi, attiva il microfono e racconta la complessità del conflitto, le tensioni interne e lo scarso dialogo fra il Nord “ribelle” e il Sud del paese riconosciuto internazionalmente. Cosa significa vivere in una zona di conflitto e chi è lo yemenita?
«24 milioni di yemeniti vivono di aiuti umanitari o di mercato nero. La sanità non esiste. È probabile che una donna partorisca in casa o muoia di parto piuttosto che in un letto ospedaliero. Stesso destino per i malati di tumore o di diabete. Manca tutto. Gli aiuti umanitari vengono bloccati o lasciati passare in cambio di denaro. Questa è un’economia di guerra che arricchisce tutti. Noi giornalisti, invece, viviamo un serio problema deontologico, ci vogliono 7500 dollari per essere traghettati illegalmente dal Nord al Sud. E allora ci chiediamo se ne valga la pena».
Sullo stesso divano suo marito Taha Al Jalal, uno chef yemenita, ci aggiorna che per disinnescare le fake news e aiutare i suoi concittadini ha aperto un canale YouTube.
Lentamente non fai più caso alla luminosità artificiale dello schermo e le loro parole restituiscono un immaginario antico e macerato come le strade di Taiz, ribattezzata dai suoi abitanti “la città dei cecchini”.
La diretta Facebook sta funzionando e un’altra storia può iniziare.
Alberto Angelici è un medico e la sua esperienza con Intersos inizia nel 1998. Poco conosciuto è il gemellaggio medico fra Italia e Yemen di cui il dottore è promotore: «Per l’emergenza da Covid-19 dieci medici yemeniti hanno chiesto di intervenire in Italia, alcuni di loro sono stati miei specializzandi. Fra i due paesi non ci sono mai state grandi ostilità e lo scambio culturale funziona». Con tono amaro conclude il suo intervento appellandosi al giornalismo che «deve rompere l’isolamento yemenita. Le immagini dei bambini sono diventate croniche, perché costanti sono i picchi di colera, fame e guerra. Non c’è corrente. Insulina e antibiotici dove li mettiamo, come operiamo?». È una questione politica delicata, delicatissima. Lo Yemen non ha più risorse.
Facciamo parlare i dati dell’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, e oltre ai 24 milioni con humanitarian aid aggiungiamo i:
- 250 mila morti per fame e guerra dall’inizio del 2015
- 1,6 milioni di bambini con malnutrizione acuta severa
- 4 milioni di sfollati interni, a cui se ne aggiungono 35 mila dall’inizio del 2020.
Tirando la somma di questi numeri si ricostruisce la demografia dello Yemen e la parola “milioni” proietta ombre lunghissime di cui non si conosce la fine.
Alda Cappelletti, direttrice dei programmi Intersos, ci spiega le modalità d’accesso della ONG in Yemen: «Abbiamo iniziato nel 2008 con azioni di supporto alla popolazione rifugiata dal Corno d’Africa. In questi anni il flusso migratorio è rimasto costante e la guerra non è stata un deterrente. Ad oggi siamo 900 operatori yemeniti e internazionali attivi, anche se non abbiamo l’accesso a tutte le zone colpite e le regole della guerra vengono sempre meno rispettate. Le organizzazioni umanitarie come la nostra ricevono molte pressioni governative e siamo diventati soggetti vulnerabili. Nonostante questo Intersos rimane operativa nei settori della salute primaria, secondaria e materna-infantile, cercando di mantenere alta la capacità di rispondere alle vittime del conflitto con assistenza psico-sociale, legale e campagne di sensibilizzazione».
Unica voce in diretta dallo Yemen in questo aggiornamento virtuale è quella di Stella Pedrazzini, dal 2018 operatrice Intersos: «Attualmente sono attivi 15 progetti ma tutti ci stiamo preparando alla stagione delle piogge che aumenterà i casi di colera. Il contagio è ciclico in Yemen, aspettiamo questa nuova ondata».
E da ultimo Alessio Romenzi, fotografo freelance, ci accompagna nelle strade. Si intuisce un antico splendore, cammelli bendati, piedi scalzi e occhi specchio dello Yemen.
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