La crisi dei rifugiati in Europa, parte seconda. Le rotte Orientali
Rifugiati, la rotta orientale. La settimana scorsa abbiamo parlato delle rotte migratorie che partono dai Paesi del Nord Africa – Marocco, Tunisia, Libia e Algeria- e arrivano in Italia, Malta e Spagna.
Esistono altre due rotte fondamentali, spesso confuse tra loro, che approdano comunque in Europa, ma coinvolgono Paesi mediorientali, come la Turchia, la Grecia e la Siria, dei quali si è parlato molto negli ultimi mesi.
In particolare, dopo lo scoppio del conflitto Siriano (2011-2012), la Rotta del Mediterraneo Orientale è diventata il principale viale d’accesso verso l’Europa per milioni di sfollati; nel 2015 su questa rotta è stato registrato il flusso migratorio più grande dalla seconda guerra mondiale: in un solo anno più di 885,000 migranti hanno utilizzato questa via.
LA ROTTA: Partendo dai Paesi Medio-Orientali (principalmente Siria, Afghanistan e Somalia) i migranti attraversano la Turchia, per arrivare in Grecia. Nel 75% dei casi, quest’ultimo spostamento avviene via mare attraverso gommoni fatiscenti (principalmente a Lesbo, Chio, Samo e Cos).
Un quarto dei migranti però, prova a percorrere il confine fra Turchia e Grecia attraversando il fiume Evros, che separa i due Paesi. L’attraversamento del fiume è particolarmente complicato perché le acque sono fredde e torbide, seppur non troppo profonde.
Arrivati in Grecia, l’obiettivo dei migranti è ottenere un visto per spostarsi in Nord Europa.
Il 20 marzo 2016, a fronte del massiccio numero di migranti che attraversava la Turchia, il presidente Recep Tayyip Erdogan e l’UE hanno stretto un accordo per contrastare la migrazione irregolare: tutti i nuovi migranti irregolari che arrivavano sulle isole greche, venivano rimpatriati in Turchia, a meno che non facessero domanda d’asilo.
Inoltre, per ogni siriano rimpatriato in Turchia dalle isole greche, un altro siriano veniva reinsediato nell’UE. Tutto questo a fronte di un pagamento di 6 miliardi di euro da parte dell’Unione Europea e privilegi per i cittadini Turchi.
I provvedimenti presi dal presidente turco hanno ridotto drasticamente il numero di migranti che hanno percorso questa rotta dal 2015 al 2018 (quasi il 75% in meno).
La situazione è cambiata bruscamente nella notte tra il 27 e il 28 febbraio 2020, quando il presidente Erdogan ha annunciato l’apertura dei confini turchi con Grecia e Bulgaria. Tutto ciò ha provocato il caos in Grecia, che, trovandosi impreparata a gestire un nuovo aumento del flusso, ha attuato una violenta repressione contro migliaia di migranti che premevano per essere accolti in Europa.
Questa decisione ha provocato la riapertura della Rotta Balcanica, che era formalmente scomparsa dal 2016.
LA ROTTA: è strettamente collegata con la rotta Orientale, poiché costituisce il tragitto che i migranti che sbarcano in Grecia provano a compiere per dirigersi verso il Nord Europa (soprattutto in Germania e nei Paesi scandinavi).
Il percorso attualmente aperto e percorribile attraversa Macedonia, Serbia, Bosnia, Croazia e Slovenia, e viene chiamato “The Game”, a causa della sua pericolosità e delle violenze che le persone subiscono nei 6/7 Paesi che attraversano.
Gran parte di coloro che percorrono questa rotta sono iracheni e siriani, ma si registrano anche egiziani e cittadini provenienti dal Pakistan o dal Bangladesh
Dopo gli accordi UE- Turchia, la Rotta Balcanica è diventata sempre più pericolosa: attualmente circa 80 mila persone si trovano bloccate in campi profughi distribuiti tra Serbia, Bosnia e Croazia, e l’unica possibilità per arrivare nell’Europa che conta è quella di affidare la propria vita nelle mani dei trafficanti.
LA SITUAZIONE NEL 2020: Nel 2020, la Rotta del mediterraneo Orientale è stata la più battuta per arrivare in Europa, con quasi 7000 sbarchi nei primi 3 mesi dell’anno. (https://frontex.europa.eu/along-eu-borders/migratory-map/). Nello stesso arco di tempo, nel 2019, i migranti furono 5mila.
La Rotta Balcanica è stata invece percorsa da 4000 persone, e le principali nazionalità sono:
- Siria: con la guerra che sta dilaniando il Paese da più di 10 anni, è utile fare una stima dei numeri per confrontarci con la realtà. I morti nel conflitto sono stati 384 mila (più del numero degli abitanti di Firenze), i migranti sono 5,5 milioni (il doppio della popolazione di Roma) mentre gli sfollati interni sono 6 milioni (lo stesso numero degli abitanti di Rio de Janeiro).
In Italia attualmente i migranti Siriani trasferitisi dal 2012 sono circa 6 mila, e costituiscono lo 0,12% della popolazione straniera nel nostro Paese. - Afghanistan: Per più di 40 anni il popolo afghano ha continuato a fuggire da violenze, guerre, conflitti e catastrofi naturali. Secondo il Global Peace Index 2019, l’Afghanistan è diventato il Paese meno pacifico al mondo, superando il primato della Siria (http://visionofhumanity.org/app/uploads/2019/06/GPI-2019-web003.pdf)
I Paesi limitrofi, come Pakistan e Iran, continuano ad assicurare un rifugio a milioni di donne, bambini e uomini afghani, tutti vittime di scarso riconoscimento e di sostegno internazionale. L’Afghanistan, oggi, conta una popolazione di 35 milioni di persone. Quasi il 25% è costituito da ex rifugiati che hanno fatto ritorno alle proprie case nell’arco degli ultimi 18 anni, mentre oltre un milione sono sfollati interni. Attualmente gli afghani rappresentano il gruppo di richiedenti asilo di maggiori dimensioni in arrivo in Europa.