Passaporto, documento di identità dai diversi pesi
Se tutti abbiamo una carta di identità, non è detto che tutti abbianoanche un passaporto: il documento, emesso da governo statale,è indispensabile, a meno che non esistano accordi a renderlo facoltativo (come lo Spazio Schengen), per viaggiare. Utilizzandolo per viaggi lavorativi o di piacere, il cittadino sta richiedendo il permesso di ingresso, ed eventualmente di permanenza, nel nome dello stato emittente. È anche per questo motivo che il passaporto può essere ritirato in qualsiasi momento.
Solo dopo le due guerre mondiali, prima la Società delle Nazioni, poi la collaborazione nata tra Nazioni Unite e Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile, si sono accordate riguardo le linee guida standardizzate che i passaporti avrebbero dovuto rispettare : il passaporto deve contenere una fotografia del detentore, in cui quest’ultimo sia perfettamente riconoscibile, senza trucco, occhiali o ciocche di capelli a modificare o spezzare la linea del viso, i suoi dati anagrafici, la sua firma, la cittadinanza e, in sempre più casi, informazioni di tipo biometrico (impronte digitali, mappatura delle vene del palmo della mano, DNA) il cui inserimento permette con maggior certezza di certificare che il portatore del passaporto ne sia effettivamente titolare. Sul passaporto vengono annotate sia l’ingresso che l’uscita dal paese, attraverso timbri indicanti data e ora degli spostamenti.
Qualunque sia la durata del passaporto, qualora dovessero mancare sei mesi alla scadenza, potrebbe non essere ritenuto valido, rendendonecessario l’utilizzo di un’autorizzazione temporanea (il visto d’ingresso) da parte dello stato in cui si richiede di entrare, rilasciata dall’ambasciata o consegnata direttamente alla frontiera di ingresso. Ma i passaporti non sono tutti uguali, e il discorso, a livello mondiale, è complicato.
Israele, su richiesta, non timbra il passaporto al momento dell’ingresso, perché determinati paesi arabofoni non permettono l’entrata a persone che siano transitate in precedenza – come testimoniato dal passaporto – in territorio israeliano.
Non riconoscendo la sovranità di Taiwan, le autorità cinesi non timbrano i passaporti taiwanesi, e richiedono un diverso documento di viaggio. Il governo cinese non riconosce i passaporti britannici di Hong Kong (né quelli britannici d’oltremare emessi a persone di discendenza cinese di Hong Kong), ma distribuisce a chi da Hong Kong voglia entrare nella Cina continentale dei“Permessi di Rientro a Casa”.
I passaporti emessi da Hong Kong dopo il 30 giugno 1997 (il giorno in cui è passato da essere una colonia inglese a una regione amministrativa speciale) non vengono accettati né dalla Cina continentale, né da Taiwan.
Il Brasile non accetta passaporti da paesi di cui non riconosce la sovranità o l’indipendenza, ed è necessario richiedere un lasciapassare, che di solito si può utilizzare una volta sola.
Particolare il caso della Corea del Nord, che conferisce passaporti solo a una minoranza. Il prerequisito essenziale per poter anche solo richiedere il passaporto è l’appartenenza al Partito Coreano dei Lavoratori.
“Passport Index” è una piattaforma interattiva ideata dalla Arton Capital, e il cui compito è quello di redigere in tempo reale una classifica dei passaporti in base al loro “power rank”, alla loro capacità. Nel redigere la classifica si tiene conto di un totale di 199 passaporti: 193 appartenenti alle Nazioni Unite più Taiwan, Macao, Hong Kong, Kosovo, Palestina e Stato del Vaticano. A non essere comprese nel calcolo sono, ad esempio, l’isola Norfolk, la Polinesia Francese e le Isole Vergini, in quanto annesse ad altri paesi (rispettivamente Australia, Francia e Gran Bretagna) e prive di un proprio passaporto.
Per determinare la posizione in classifica di ogni passaporto si analizzano diversi fattori, e si guadagnano punti in base a “mobility score” e “welcoming countries score”.
Il “mobility score” indica quanti paesi si possono visitare con un determinato passaporto senza dover fare richiesta di visto, ottenendone uno al momento dell’arrivo attraverso l’eTA, un’autorizzazione elettronica di viaggio utilizzata specialmente da Canada e Stati Uniti d’America
Il“welcoming countries score”si riferisce invece ai paesi in base alla quantità di passaporti che accettano senza bisogno di visto o con visto all’arrivo.
Unendo questi dati a livello globale si ottiene il “world openness score”. Più questo numero è alto, più è aperto il mondo e più siamo connessi.
Dal 2 dicembre 2018 il passaporto al punto più alto della classifica per il “mobility score” è quello degli Emirati Arabi Uniti. Una persona fornita di questo passaporto ha libero accesso a 118 paesi, può ricevere visto all’arrivo in altri 60, e ha bisogno di chiederlo in anticipo in 20.
Al secondo posto della classifica troviamo Germania, Finlandia, Lussemburgo e Spagna, con una minima variazione numerica a separare la Germania dagli altri tre paesi.
Al terzo posto troviamo Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Svizzera, Irlanda, Corea del Sud e Stati Uniti d’America, tutti all’incircasullo stesso livello.
Il passaporto italiano è al quarto posto, con libero accesso a 126 paesi, visto all’arrivo in 43 (necessario in molti paesi africani come Burkina Faso, Capo Verde e Uganda) e necessità di chiedere in anticipo permesso di ingresso in 29.
I tre passaporti più in basso nella classifica sono rispettivamente quello siriano (ingresso libero in 8 paesi, visto all’arrivo in 32, richiesta anticipata in 158), quello iracheno e quello afghano, il cui libero accesso si riduce a cinque paesi.
Infine, apolidi e rifugiati privi di passaporto possono viaggiare a livello internazionale con dei documenti di viaggio, emessi dal paese che ne ha riconosciuto lo status e che vengono accettati al posto del passaporto, ma solo dagli stati che hanno sottoscritto le Convenzioni di New York (1954) e di Ginevra (1951).
LEGGI ANCHE:
La crisi dei rifugiati in Europa, parte prima. Le rotte Occidentali
La crisi dei rifugiati in Europa, parte seconda. Le rotte Orientali