Haiti. Jessica racconta la sua vita dopo il terremoto
È il 17 gennaio 2022, sono seduta alla mia scrivania e aspetto che arrivino le 17:00, l’ora a cui Jessica si collegherà sulla stanza Meet creata appositamente per questa intervista. La stanza virtuale collega la mia reale a quella di Jessica, che si trova ad Haiti. Per me l’intervista è l’ultimo impegno della giornata, ad Haiti invece è mezzogiorno e la giornata di Jessica è ancora lunga. Appena entra nella chiamata ci saluta dicendo «Bonjour» e Giorgia Cioccetti, Senior Expert del Movimento Giovani per Save the Children, le risponde «Bonsoir, in Italy». Una risata leggera sembra accorciare le distanze. Con noi c’è anche Dorie Barbot, che si occupa della gestione di programmi educativi e umanitari rivolti a bambini e adolescenti ad Haiti. Attualmente, Dorie è impegnata anche nella gestione delle conseguenze del terremoto che lo scorso agosto ha colpito il Paese e nella sensibilizzazione della popolazione riguardo la pandemia di Covid-19. Superare le prime difficoltà linguistiche non è facile: io e Giorgia parliamo italiano e inglese, Dorie e Jessica invece parlano crealo haitiano e francese. La conversazione si svolge in francese, e Roberta Baldi traduce le parole di Jessica e Dorie in italiano.
Fatte le dovute presentazioni, mi rivolgo a Jessica per chiederle come si svolge solitamente la sua vita a Les Cayes, un comune haitiano sito nel dipartimento del Sud, dove vive.
La prima cosa che chiedo a Jessica, che ha 21 anni, è cosa studia e perché ha scelto di intraprendere questo percorso di studi. Jessica ha una voce gentile, parla a voce bassa e lentamente, di tanto in tanto è costretta ad alzare il tono di voce per far sì che il rumore dei motori che passano in strada non la sovrasti. Terminati gli studi canonici, ha scelto di non proseguire con gli studi universitari ma di intraprendere un percorso di formazione professionalizzante. Le chiedo quanta importanza attribuisce alla formazione e allo studio e risponde che secondo lei l’educazione è essenziale, poi cita un detto: «L’educazione fa l’uomo onesto». Jessica non ha le idee precise riguardo al lavoro che vorrebbe svolgere in futuro ma è sicura degli obiettivi che vorrebbe raggiungere: le piacerebbe aiutare le persone del suo Paese lavorando nel campo degli aiuti umanitari o delle istituzioni locali. Le chiedo come preferisce impegnare il suo tempo libero e mi risponde che le piace leggere o cucire dei vestiti. Non ha un libro preferito, di recente ha letto il libro di Robert Kiyosaki “Padre ricco padre povero”. Chiedo a Jessica di parlarmi del posto dove risiede, Les Cayes. Si tratta di una delle zone maggiormente colpite dal terremoto del 14 agosto scorso. Jessica mi parla di questa zona del Paese descrivendola come una zona tranquilla dove le persone vivono perlopiù gestendo piccole attività commerciali. A Jessica piace vivere lì, è la crisi sociale e politica che Haiti sta attraversando che la preoccupa profondamente. L’unica cosa che non le piace di Les Cayes è che non c’è elettricità. Jessica vive a Les Cayes da 3 anni ma non sa dirmi con precisione da quanto tempo manchi l’elettricità, o se sia sempre stato così, ma è certa che non si tratti di una conseguenza dell’ultimo terremoto. Le chiedo quali idee ha in mente per realizzare i cambiamenti che vorrebbe nel Paese. Secondo Jessica sarebbe indispensabile occuparsi anzitutto della tutela del benessere e dell’istruzione dei bambini, dal momento che molti bambini non sono scolarizzati o sono vittime di violenze fisiche e abusi sessuali. L’UNICEF, nel Country Office Annual Report 2021 riguardante Haiti, ha reso noto che circa l’85% dei bambini è esposto a una violenta disciplina e che una bambina su quattro e un bambino su cinque è esposto a violenze sessuali. Della sua infanzia, Jessica ricorda principalmente i bei momenti trascorsi in famiglia, soprattutto con sua mamma, che la portava spesso con lei al mercato del Paese. Dell’anno appena trascorso invece, non può fare a meno di ricordare il terremoto che ha colpito l’isola lo scorso agosto. Dopo un momento di silenzio, Jessica inizia a raccontare con molta lucidità quei momenti. Ricorda di aver visto le persone correre fuori dalle abitazioni non appena la terra ha iniziato a tremare e che altre persone erano stese a terra e invocavano l’aiuto di Gesù; lei stessa ha pregato per la salvezza della propria famiglia. Nonostante la sua casa sia stata distrutta, la famiglia di Jessica si è salvata.
Prima di concludere l’intervista e salutarci, chiedo a Jessica una parola o una frase che la rappresenti. Mi risponde: «La vita è un dono perfetto».