Haiti, il dramma di un Paese abbandonato a sé stesso
Il terremoto che il 14 agosto scorso ha colpito Haiti, provocando la morte di circa 2500 persone, è soltanto l’ultimo di una lunga serie di fenomeni naturali che, nel corso degli ultimi anni, ha danneggiato abitazioni e strutture ospedaliere già precarie. Haiti, infatti, è uno tra i Paesi più poveri del mondo. Le condizioni di vita della popolazione si sono aggravate progressivamente, sia a causa dell’instabilità politica che dei numerosi disastri ambientali. Ricostruiamo in questo articolo l’ultimo decennio della storia di Haiti, i cui punti salienti sono il terremoto del 12 gennaio 2010, l’epidemia di colera, quella di COVID-19 e il terremoto dello scorso agosto, per comprendere quanto sia complessa la situazione di questo Paese.
La notizia del terremoto di agosto è coincisa con il momento in cui le pagine dei giornali e il dibattito pubblico erano concentrati su quanto stava accadendo in Afghanistan: il 15 agosto scorso, infatti, i talebani sono entrati a Kabul, completando la conquista del Paese. Questo sicuramente ha reso più difficile far partire la macchina della solidarietà internazionale e delle raccolte fondi, che spesso ricevono grande impulso dalle condivisioni degli utenti sui social network. Ciononostante, alcuni Paesi, tra cui Repubblica Dominicana e Cuba, si sono subito resi disponibili a inviare cibo, medicine e operatori sanitari ad Haiti.
Il terremoto del 14 agosto 2021
Intorno alle 8:30 locali del 14 agosto scorso, Haiti è stata colpita da un terremoto di magnitudo 7.2 con epicentro nella zona sud-occidentale del paese. Le operazioni di soccorso hanno subito un significativo rallentamento a causa del passaggio della tempesta tropicale Grace che tra lunedì 16 e martedì 17 agosto ha colpito le zone già interessate dal terremoto, aggravando i danni e aumentando il numero di vittime e feriti. Se nei giorni immediatamente successivi al terremoto l’attenzione mediatica era stata generalmente bassa, non si può dire lo stesso per quanto si è verificato nel mese successivo, quando circa 15mila migranti – non solo haitiani – si sono accampati al confine tra il Messico e Texas, nella speranza di riuscire a entrare negli Stati Uniti. Proprio qui, le persone che tentavano di attraversare il Rio Grande sono state respinte dalla polizia statunitense, con metodi poi fortemente criticati. Le foto diffuse sui social raffiguranti i migranti che attraversavano il fiume a piedi e quelle degli agenti che cercavano di respingerli utilizzando delle fruste hanno contribuito a far cadere sull’amministrazione Biden un’aspra ondata di critiche. È probabile che i migranti abbiano pensato di essere favoriti dalle politiche messe in atto da Biden, più moderate rispetto a quelle di Trump, ma il Presidente degli Stati Uniti ha giustificato il respingimento sulla base delle restrizioni adottate per contenere la diffusione del coronavirus.
Il terremoto del 12 gennaio 2010
I danni causati dal terremoto di magnitudo 7.0 che il 12 gennaio 2010 devastò la capitale del paese, Port-au-Prince, sono tuttora incalcolabili e così è anche per il numero delle vittime. Si stima che morirono circa 200mila persone, ma è impossibile avere una cifra esatta. Il terremoto del 2021 è stato più potente di quello del 2010, ma a differenza di quest’ultimo l’epicentro si è registrato in una zona meno popolata del Paese, per cui – fortunatamente – i danni e il numero delle vittime sono stati più limitati.
A partire dagli ultimi mesi del 2010, gli haitiani dovettero fronteggiare un’epidemia di colera che provocò la morte di oltre 10mila persone, anche perché l’accesso alle cure è stato più complesso a causa dei danni provocati dal terremoto. La responsabilità della diffusione della malattia è da attribuire alla presenza, sull’isola, degli operatori nepalesi impegnati nell’intervento umanitario pianificato dall’ONU. Le acque di scarico di un accampamento nepalese defluivano infatti in un fiume poco distante, contaminandone le acque. I primi haitiani a contrarre la malattia furono, molto probabilmente, quelli che avevano utilizzato l’acqua del fiume per lavarsi o dissetarsi. L’epidemia di colera può essere considerata come una sorta di conseguenza indiretta del terremoto, dovuta all’intervento umanitario dell’ONU. L’allora Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ammise la responsabilità dell’organizzazione nella diffusione del colera ad Haiti soltanto nel 2016, a ridosso della fine del proprio mandato e dopo aver negato per anni ogni accusa di responsabilità mossa dagli haitiani.
Sembra delinearsi una sorta di sfortunato parallelo tra la situazione del 2010 e quella dell’anno in corso: anche Haiti, come tutti i Paesi del mondo, è impegnato nel contrasto della diffusione del coronavirus. Le prime 500mila dosi di vaccino sono arrivate ad Haiti solo a luglio, un mese prima del terremoto. Fino a quel momento, Haiti era l’unico paese dell’America centrale a non aver ricevuto nessuna dose di vaccino. Questo grave ritardo nella consegna dei vaccini e le difficoltà sorte in seguito al terremoto hanno rallentato l’inizio di una campagna vaccinale che presentava già numerose criticità: in primo luogo la generale resistenza alla vaccinazione, poi tutti i problemi legati all’assenza di infrastrutture e quelli conseguenti la mancanza di mezzi adeguati che permettano di raggiungere tutte le fasce della popolazione mantenendo la catena del freddo, condizione indispensabile per conservare i vaccini.
Attualmente il numero dei vaccinati con una dose rappresenta lo 0,83% della popolazione.
Non solo i disastri ambientali
Dopo le elezioni presidenziali del 2011 il Paese fu governato da Michel Martelly. A partire dagli ultimi mesi del 2014, gli haitiani hanno iniziato a protestare per chiedere le dimissioni del Presidente in carica, ottenendo così lo svolgimento delle elezioni che non si tenevano da tre anni. Le rivolte continuarono anche durante i primi mesi del 2015, facendosi sempre più violente. Una nuova ondata di proteste si verificò a ottobre dello stesso anno, subito dopo la diffusione dei primi risultati delle elezioni presidenziali. Secondo i manifestanti, al candidato Jovenel Moïse, sostenuto dal Presidente uscente, erano stati assegnati più voti di quelli realmente ottenuti. La vittoria di Moïse venne confermata dalle nuove elezioni tenute nel 2016.
Negli anni immediatamente successivi, Moïse fu spesso contestato per aver causato un grave scandalo legato alla corruzione e per aver represso le proteste dei suoi oppositori nel sangue. Il governo haitiano a febbraio aveva reso noto di essere riuscito a sventare un colpo di Stato che avrebbe avuto lo scopo di rimuovere Moïse dalla presidenza del Paese, ma cinque mesi dopo, nella notte tra il 6 e il 7 luglio, il Presidente è stato ucciso da un gruppo armato mentre si trovava nella propria residenza. Non è facile ottenere delle informazioni approfondite e affidabili sull’omicidio di Moïse ma secondo alcuni risultati delle indagini sembrerebbe che l’assassinio sia stato reso possibile anche grazie alla connivenza tra la banda armata e alcuni cittadini haitiani. Le bande criminali, che esistono da decenni ad Haiti, si sono rese sempre più autonome in seguito all’omicidio di Moïse e stanno prendendo sempre più potere nel Paese, sia grazie all’appoggio di alcuni esponenti politici sia sfruttando la situazione drammatica in cui versa il paese in seguito alle varie crisi ambientali e politiche. La connivenza tra bande e forze politiche sarebbe stata favoreggiata dallo stesso Moïse durante gli anni della sua presidenza. Attualmente, si stima che nel Paese siano attivi circa 90 di questi gruppi armati, il più potente dei quali è chiamato “G9 e famiglia” e controlla gran parte del territorio di Haiti. Lo State of Human Rights in 2020, emanato dal Centre d’analyse et de recherche en droits de l’homme (CARDH), parla di 796 rapimenti effettuati dal gruppo G9, probabilmente allo scopo di chiedere dei riscatti per finanziarsi. Il punto successivo dello stesso documento afferma che il rafforzarsi di questa organizzazione criminale spiega il processo di istituzionalizzazione del crimine che è oggi in atto nel Paese.
CREDIT FOTO: Foto di Lt. Cmdr. Gary Brunette, USCDCP da Pixnio