Uguali diritti, diverse attuazioni: le conseguenze delle disuguaglianze
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“Uguali diritti, diverse attuazioni: le conseguenze delle disuguaglianze” è il titolo esplicativo di uno degli incontri. A fare da introduzione, per colmare la grande assenza della Ministra Azzolina e del Ministro Provenzano, è la viceministra Anna Ascani, che afferma: “La pandemia ci ha permesso di osservare attraverso una lente d’ingrandimento delle disuguaglianze preesistenti, che prima ci rifiutavamo di vedere o non ritenevamo tali”. Non possiamo tornare a come eravamo prima, la Ascani è d’accordo su questo, perché la scuola era arrivata a un punto tale da non permettere a chi aveva determinati svantaggi di recuperare il gap. “Si stanno mettendo toppe, come la distribuzione di giga gratuiti a chi non ha connessione, dove andrebbero invece poste delle soluzioni”: ma questa legge di bilancio, è una rassicurazione che non proviene solo da lei, investe sulla scuola in modo strategico, puntando sul digitale, sull’inclusione, sull’utilizzo di risorse europee che si dovranno investire – lo dice il nome stesso, Next Generation EU – sulla riduzione delle distanze, comunque la si voglia intendere. “Per correre non possiamo drogare il sistema: se disinvestiamo in sanità e istruzione non possiamo mettere in piedi il paese”, conclude Ascani.
Per la vicepresidente dell’Emilia-Romagna, Elly Schlein, è importante agire con politiche redistributive tenendo conto dei diversi tipi di bisogno e dando a ciascuno risposte commisurate ai propri bisogni. Lo dice l’Agenda 2030: non si deve lasciare indietro nessuno, a chiunque chieda dev’essere data una risposta. Uno dei progetti a cui stanno lavorando i distretti dell’Emilia-Romagna ha un focus speciale sulle “vittime” del ritiro sociale, che conosciamo con il nome di hikikomori: la pandemia, la reclusione forzata che è una sofferenza pur essendo motivata, hanno indebolito ulteriormente ragazzi già fragili, a cui è dovuta più attenzione di prima.
Dal CRC arriva un invito a non dimenticare il Recovery Fund: “È vero che i paesi sono invitati a concentrarsi sulla trasformazione digitale e la transizione ecologica, ma – interviene di nuovo Schlein – si parla anche di coesione sociale, un pilastro ignorato ma altrettanto importante”.
Parlano rappresentanti dell’Istituto Mario Negri, dell’associazione Di Vittorio. Si commenta l’undicesimo rapporto del CRC, che lascia trasparire dati preoccupanti come i continui viaggi dal Mezzogiorno al Nord in cerca di visite mediche e assistenza specialistica, un quadro preoccupante per quanto riguarda la dispersione scolastica nonostante le azioni compiute per fermare il fenomeno come la programmazione di buoni scuola, il fondo di contrasto alla povertà educativa, l’istituzione di una cabina di regia che ha “esaurito” il suo compito fin troppo rapidamente.
Pier Paolo Angelini presenta poi un’importante distinzione tra la dispersione esplicita, relativa ai minori che abbandonano prematuramente gli studi, e quella implicita, relativa alla mancata padronanza delle nozioni di base, spesso confermata dai risultati INVALSI. Il quadro è solo peggiorato con l’attuale emergenza sanitaria.
Una
premessa importante: internamente all’Agenda 2030 c’è un impegno – che quindi
lo Stato ha già preso – a garantire entro il 2030 che ogni giovane abbia uno
sviluppo infantile di qualità. In contrasto con questo, si è iniziato a parlare
con un grandissimo ritardo dei giovani,
come figli, come alunni, come possibili fonti di contagio, raramente come
persone a sé, portatori di diritti in quanto tali.
Interessante l’intervento di
Nafissa Aboulkassim, rappresentante del manifesto in dieci punti, voluto
dall’UNICEF, “The future we want”, basato sull’esperienza di circa duemila
ragazzi e ragazze. “Per metà dei ragazzi la scuola è stato un ambiente positivo
durante l’isolamento. Per un ulteriore terzo non è stato così”, spiega Nafissa.
“Quattro ragazzi su dieci hanno avuto difficoltà concrete con la
digitalizzazione, e la DAD ha aggiunto stress allo studio, soprattutto
relativamente a membri di famiglie con problemi economici e ragazzi con bisogno
di un supporto speciale”. Nafissa parla di esclusione delle giovani generazioni
dalla scena politica. Interviene Marco Rossi Doria: “Quella di Nafissa è una
generazione a cui si sta chiedendo un momento di responsabilità, e che in
grande misura loro si stanno assumendo. C’è troppa critica nei confronti di
questi ragazzi”, che si devono trattare “come giovani consapevoli, capaci di
grande attivazione”, come si è visto nel caso dei Fridays for Future. “Ci vuole
proposta,” aggiunge, “ma anche indignazione,” e racconta come nel 1999 lui
fosse parte della delegazione italiana a New York per il decimo anno di vita
dell’omonima Convenzione. “Al ritorno, ponemmo il problema dell’anagrafe
scolastica. Sono passati vent’anni da allora, abbiamo lavorato con Ministri,
Uffici, Regioni, abbiamo fatto passi avanti, ma il problema non è stato
risolto. Che l’undicesimo rapporto continui a dire questo dopo ventun anni
indica che il sistema paese non riesce a mettere assieme competenze e risorse
per combattere problemi vitali. C’è tanto impegno propositivo, serve un po’ di
advocacy “cattiva” che non guardi in faccia a nessuno. Infine,” e qui conclude,
“il Recovery Fund porta il nome dei ragazzi, e saranno loro a pagare il debito.
Abbiamo bisogno che, in un paese che ha tagliato 8 miliardi all’istruzione e ha
il rapporto tra PIL e istruzione più basso di tutti i Paesi Europei, una quota
importante venga dedicata ai giovani.”