A Scuola per Mare, strategie contro l’abbandono scolastico
“In questo momento a bordo con me c’è questa comunità di ragazzi che arriva dalla Valtellina, e tre di loro sono minori non accompagnati, due dei quali arrivati in Italia un mese e mezzo fa su un barcone dalla Libia. Erano su un barcone, e adesso sono a bordo con noi. Stanno giocando, ridendo, vivendo con noi. Siamo insieme e siamo contenti. Credo sia questa la cosa più importante. Far star bene i nostri ragazzi, e farli star bene assieme.” mi racconta al telefono Gabriele Gaudenzi, responsabile del progetto A Scuola per Mare.
Perché tanto non ci piace niente, e i ragazzini di oggi non sanno apprezzare niente, e uffa, però, e siamo sempre annoiati, e quelli sono proprio dei delinquenti, quel ragazzo lì ormai è un caso perso, non ne vale la pena, ha già scelto che strada fare. Lascialo perdere.
Secondo l’ultimo Atlante sull’Infanzia a Rischio di Save the Children, in Italia più di un adolescente su dieci è un “early school leaver” – che vuol dire che lascia la scuola prima di aver raggiunto la maggiore età. Significa che avrà meno possibilità degli altri, perché avrà meno titoli di studio. Probabilmente farà anche molta più fatica a comprendere il mondo che lo circonda, perché sarà stato privato degli strumenti che gli avrebbero permesso di affrontarne la complessità. Un’istruzione bassa favorisce una visione polarizzata e poco incline al dialogo. Con ricadute svantaggiose non soltanto a livello umano, ma anche sociali, economiche e politiche per l’individuo e per tutta la nostra società.
Sappiamo che l’abbandono scolastico è spesso legato al background socio-culturale. La situazione di partenza non è uguale per tutti, e non è esattamente la stessa cosa nascere in un bel quartiere del centro o in una periferia difficile.
Combattere l’abbandono scolastico dovrebbe essere un pilastro fondamentale di qualsiasi politica democratica che voglia definirsi tale. D’altronde è facilissimo scordarsi dei propri privilegi, purtroppo un po’ meno di essere nati senza.
Abbiamo bisogno di riportare a scuola i nostri ragazzi, soprattutto dopo questa pandemia che ha alzato ancora – e già era alto – il numero di ragazzi a rischio di dispersione scolastica in Italia. Abbiamo bisogno di sostenerli, di incoraggiarli e di guidarli – perché è solo così che si riporta un ragazzo a scuola. È di questo che un adolescente ha bisogno, di non essere lasciato perdere. Ma quanto siamo pronti ad investire, sui nostri ragazzi?
Il progetto
A Scuola per Mare è un progetto nazionale che coinvolge direttamente cinque regioni (Sicilia, Lazio, Lombardia, Sardegna, Campania) e che ha come protagonisti adolescenti di età compresa tra i 14 e i 18 anni, di entrambi i sessi, in situazione di disagio sociale, che incontrano difficoltà a completare il ciclo di studi o provenienti dal circuito penale minorile. Ognuno dei ragazzi a bordo – otto per ogni modulo da 100 o 85 giorni – ha svolto un periodo di formazione pre-navigazione e per ognuno è stato definito un piano educativo individualizzato concordato con loro, le famiglie e i servizi invianti, oltre che un programma didattico con le rispettive scuole, qualora presenti.
Al termine della navigazione i ragazzi vengono affiancati da un tutor nel ritorno alla quotidianità, alla ripresa del proprio iter formativo o nella scelta di un nuovo percorso formativo, scolastico/professionalizzante. Nell’ambito delle diverse azioni previste dal progetto, si prevede il coinvolgimento di oltre 500 ragazzi nell’arco di tre anni.
Il progetto è una delle iniziative selezionate dall’impresa sociale Con I Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile. Associazione capofila del progetto è Aps I Tetragonauti onlus.
L’intervista
Ho scelto di intervistare Gabriele perché quello di A Scuola per Mare è un progetto meraviglioso, ma è anche vero sulla barca alla fine salgono solo otto ragazzi. È una scelta che immagino difficile, quella di investire tanto su così pochi, e così alla fine – scusandomi in anticipo per la domanda antipatica – gli chiedo se non si potrebbe obiettare che alla fine, in fondo, abbia poco senso investire tutti quei fondi per soltanto otto ragazzi.
“È un’obiezione che… esiste. Con quei soldi si potrebbe sfamare un villaggio in un Paese povero per un bel po’ di tempo, è vero. Noi li usiamo per restituire speranza dove un po’ stava scappando. Mi sembra un posto dove è giusto che stiano. L’investimento di questo progetto per ognuno dei nostri minori è ovviamente alto. È un investimento. L’obiettivo è quello di far uscire i ragazzi dal circuito penale o dalle comunità, e di permettere loro di costruirsi un futuro. Se ha un senso? Mi sento di dire che sì, assolutamente sì, certo che ha un senso. I nostri ragazzi sono il futuro del pianeta. Se non investiamo in ognuno di loro, dove dovremmo farlo? Quello dell’abbandono scolastico è un problema grave, e per risolvere situazioni difficili è necessario mettere in campo gli strumenti adeguati, anche se sono costosi. Ti farò un esempio. Se io devo fare la diagnosi di un tumore, usare la radiografia non mi servirà a niente, mentre se uso la TAC (che è molto più costosa) riesco anche a fare della prevenzione. E salvo una vita, che non mi sembra poco. Il nostro è uno strumento costoso, però salva. È questa la nostra priorità. In barca si sale in otto, ma in questi anni – considerando tutti i moduli del progetto – abbiamo coinvolto più di cinquecento ragazzi. Il nostro lavoro è solo un pezzettino, ma se ognuno di noi facesse un pezzettino, beh… si salverebbe il mondo. Ma se anche avessimo aiutato un solo ragazzo, ne sarebbe sicuramente valsa la pena.
Chi prosegue gli studi spesso ha alle intorno qualcosa che lo sostiene, una famiglia che lo segue, un professore che lo incoraggia, dei compagni di classe che si affezionano. Ogni persona è un mondo ha sé, ed è importante avere una rete che la sostenga. Perché ogni ragazzo possa costruire la propria strada e il proprio percorso.
Forse che non faremmo lo stesso investimento per salvare una persona cara da una grave malattia? Ecco, portare questi ragazzi in barca vuol dire prenderli a cuore tutti, e assegnare valore alla vita di ognuno”.