“Suonare per strada mi rende libero”: intervista al Violino Magico
Gli edifici, i palazzi d’epoca, le statue, i monumenti, e poi le vie, le strade, i negozietti, le piazze: in Italia abbiamo un patrimonio artistico e culturale immenso. Mi vengono in mente le immagini surreali delle città deserte che hanno fatto il giro del web durante il lockdown, eccezionali e uniche nella loro eterna e grandiosa bellezza. Immagini senza tempo anche un po’ disorientanti: nelle città eterne non ci sono persone.
Oltre quell’insieme armonioso di monumenti, edifici e statue, cos’è che rende nostre le città? Cos’è che le rende vive? È ancora “la nostra città” senza persone? È ancora unacittà senza rumori, senza parole, senza volti?
C’è un altro tipo di arte, oltre a quella “fissa” e monumentale, l’arte cosiddetta di strada. Un’arte di persone, che vive e sopravvive grazie a chi suona, a chi ascolta e a chi ringrazia. È un’arte viva, perché figlia di adattamento e di formazione continua, di suoni e di ascolto, di artisti e residenti, turisti, famiglie, persone.
Abbiamo intervistato Riccardo Mosillo (su Facebook @ilviolinomagico), musicista genovese di nascita ma residente a Roma, che ci ha raccontato cosa vuol dire suonare il violino per le vie della Capitale.
Vorrei chiederti se vuoi iniziare raccontando un po’ di te: chi sei, come hai scelto di suonare per strada e qual è la tua formazione.
Io sono nato a Genova, mi sono diplomato al Conservatorio nel lontano 1988 e ho lavorato come violinista per tanti anni. Ho collaborato con tante orchestre, poi però mi sono sposato e naturalmente ho avuto bisogno di un lavoro sicuro e di una busta paga a fine mese per comprare casa, per avere un’auto eccetera, per cui mi sono dedicato ad altro. Da ragazzo, per scherzo, avevo suonato per strada e mi era piaciuta molto come esperienza. Intorno al 2010 non avevo più la sicurezza del lavoro, e allora ho detto: “Riproviamoci!” quasi per gioco. Lo avessi fatto prima. Mi piace tantissimo suonare per strada, ora come ora non lo cambierei quasi per nulla al mondo.
Vivi proprio di questo?
Certo! Non so se si può considerare un mestiere, però posso considerarlo sinceramente una passione. Quella grande, grandissima mia passione che è la musica, il violino: suonare per dare qualcosa agli altri, per trasmettere emozioni. C’è una frase che ho sui miei profili Facebook e Instagram, anche se non ricordo di chi sia, dice: “Il mio mestiere consiste nel creare tramonti dove non ce ne sono”. Io cerco di dare qualche cosa alla gente e a volte, spesso, ci riesco. Emozioni che spesso mi tornano indietro dalla gente stessa: il rapporto che c’è per strada con la gente è meraviglioso! È un rapporto che non hai altrove, il grande concertista a teatro non ha tutto questo supporto dal pubblico.
Sei anche un artista un po’ particolare, di solito non si sente suonare il violino classico per strada.
Diciamo che a livello professionale il violino non è facile, è uno strumento molto complicato. Ogni tanto qualcuno mi dice “la tua musica tocca il cuore, arriva al cuore” e io rispondo sempre che è perché nasce dal cuore. C’è questa frase di Beethoven che mi piace molto: “Sbagliare una nota durante l’esecuzione è irrilevante, ma suonare senza passione è imperdonabile”. È una cosa che sento dentro, la musica. Mi piace dare tutto me stesso sempre, e tutto questo dare ritorna sempre indietro, perché la gente si ferma a parlare, a ringraziare, lasciano un sacco di biglietti! Sul mio profilo Instagram ogni tanto posto le foto dei bigliettini che mi lasciano e alcuni sono meravigliosi. Uno degli ultimi in particolare aveva una frase bellissima. Diceva: “Non lasciare questa vita senza aver suonato la tua musica” e significa “non lasciare questa vita senza essere stato te stesso”. Questo per me ha un significato ancora più profondo. Io da un po’ di tempo – da un anno a questa parte – ho iniziato a suonare indossando scarpe da donna, e ora suono sempre con scarpe da donna – quindi sui tacchi – o addirittura vestito da donna. E lo faccio perché mi piace! Mi fa stare bene, è una cosa che ho sempre dovuto fare di nascosto in casa. Sono eterosessuale, ma mi piace vestirmi così, ci sto bene, mi sento vivo. Adesso ho trovato il coraggio di esprimermi così come sono ed è bellissimo, e giusto, che io sia me stesso fino in fondo.
All’inizio, ti dico la verità, l’ho fatto nel giorno della donna per un’iniziativa che voleva manifestare solidarietà nei confronti delle donne che subiscono violenza.
C’è qualcosa che non ti ho dato modo di dire che ti piacerebbe aggiungere?
Suonare per strada offre qualcosa di inspiegabile. Io spesso propongo anche musica classica e devo dire che la gente la apprezza molto. Mi piace offrire quei capolavori “gratis”: se vuoi lasciare 50 centesimi li lasci. Non vorrei mettermi in bocca una parola troppo grossa, ma diciamo che mi piace pensare di portare un po’ di bellezza, un po’ di poesia, in un angolo inaspettato per strada. E questo è bello da morire.
Un’altra cosa: penso che se vai a cercare un lato positivo lo puoi trovare quasi in tutte le cose, e devo dire che questa emergenza – che ha dato filo da torcere a tutto il mondo dell’arte – mi ha “costretto” a spostarmi dal centro di Roma verso le periferie: ho scoperto che suonare per i residenti è bellissimo. Nei quartieri non è usuale incontrare un artista di strada e la risposta che ho ricevuto dalla gente è stata eccezionale: ci sono quartieri che mi hanno accolto a braccia aperte, mi chiedono sempre di tornare. Il lato positivo per me è stato questo, scoprire quanto sia bello suonare per le persone in questa parte della città.
Aggiungo un ultimo aspetto fondamentale del suonare per strada: la libertà. Fare quello che mi piace, quando mi piace, come mi piace e dove mi piace, essendo me stesso è una libertà che non ha prezzo.