Il patrimonio artistico e culturale italiano: siamo ricchi (ma non lo sappiamo)
L’Italia è un territorio ricco di testimonianze e bellezze artistiche e archeologiche lasciate in dono dal sovrapporsi di popoli e culture nei secoli. Tuttavia si ha spesso l’impressione che si dia poca importanza e non si valorizzi adeguatamente il patrimonio artistico e culturale italiano.
A partire da scuole, dove i ragazzi dovrebbero essere educati a riconoscere il valore di questo patrimonio, le materie artistiche si studiano relativamente poco portando ad una scarsa conoscenza dell’argomento che, unita allo scarso interesse e agli insufficienti fondi investiti, provoca sovente l’abbandono di questo patrimonio. Le motivazioni possono essere varie ma hanno tutte un’origine comune: il nostro patrimonio artistico e culturale è così grande che viene, generalmente, sottovalutato. Al contrario di quanto avviene in altri paesi, ovvero valorizzare le poche ricchezze che si hanno nella maniera migliore, in Italia, forse perché consapevoli di avere un patrimonio unico al mondo, raramente ci impegniamo a valorizzarlo come meriterebbe.
Ricordare che queste ricchezze non sono per sempre dovrebbe invogliarci a prendercene cura per assicurare la visione di così tanta bellezza anche alle generazioni future.
La maggioranza degli italiani frequenta solo in rare occasioni musei, mostre d’arte e siti archeologici, questo perché ormai la cultura viene vista come qualcosa di superfluo e non come un arricchimento personale.
Ma il vero problema è che anche la classe dirigente ha lo stesso atteggiamento e non comprende il valore economico della cultura, come dimostra l’approccio superficiale alla promozione del patrimonio artistico. I dati Istat ci dicono che l’Italia, è al penultimo posto (dietro la Grecia) per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,4% a fronte del 2,1% medio Ue), ciò comporta che solo il 32% dei musei italiani (e solo il 19,9% di quelli con meno di mille ingressi annui) usufruisce di contributi pubblici.
Siamo ricchi ma non sappiamo sfruttare il nostro patrimonio: il ritorno degli asset culturali della Francia e del Regno unito è tra 4 e 7 volte più grande di quello italiano (fonte PwC). In assenza di un impegno da parte delle istituzioni, dovuto sia dalla mancanza di consapevolezza sia dalla mancanza di fondi, i privati potrebbero occupare questo spazio investendo nella cultura, non fosse che sempre di più preferiscono investire in altro piuttosto che nel nostro patrimonio nazionale.
La diffusione su tutto il Paese del patrimonio artistico porta diverse complicanze, tra cui la dispersione, rendendo difficile il coordinamento degli interventi di restauro.
Poiché non è possibile stabilire la priorità di un monumento rispetto ad un altro, ciò comporta che numerosi siti archeologici, musei, chiese, palazzi e persino interi centri storici cadano a pezzi o versino in uno stato di semi abbandono. Sempre i dati forniti dall’Istat ci dicono che degli oltre 4000 musei solo il 30,7% è stato inserito nel piano di protezione civile comunale, mentre il 34,8% non è dotato di un piano di sicurezza e di emergenza.
Dopo queste osservazioni possiamo concludere che il rilancio del patrimonio artistico italiano potrà avvenire solo dopo una presa di conoscenza generale della sua importanza e delle sue potenzialità da parte delle istituzioni, dei cittadini e delle imprese. Solo così potremmo iniziare ad avere un vero cambiamento.
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