Il Teatro Civile per restare umani
Durante il Festival giovanile Act.ival for future, organizzato a Lubecca dal Solidarity Action Day Movement Europe, 200 giovani provenienti da tutta Europa si sono incontrati per riflettere e discutere su tre temi: clima e cambiamento climatico, diversità e democrazia, migrazioni e mobilità.
Erano presenti al festival anche tante associazioni e organizzazioni, che hanno tenuto workshop e momenti formativi. Tra questi c’era Civil Words, un’associazione Italiana che si occupa di Teatro Civile.
I ragazzi dell’associazione hanno condotto uno dei workshop presenti nel programma, dal nome “Il coraggio civile attraverso lo storytelling”, e hanno messo in scena, assieme ai giovani presenti, uno spettacolo dal titolo “Migranterstanding”. Lo spettacolo evidenziava la quantità di pregiudizi che spesso si hanno verso le persone straniere, l’eccesso dell’uso della forza da parte della polizia e il valore che possono avere i passaporti e i visti.
Poco prima dello spettacolo, ho avuto modo di parlare con Alessandro Carfagna e Antonello Maccanó, due dei membri fondatori dell’associazione, che mi hanno spiegato meglio il loro progetto.
Cos’è Civil Words e come vi è venuta questa idea?
Tutto nasce nel 2011. Andavamo a scuola di teatro insieme ed entrambi avevamo la passione per la recitazione. Eravamo anche molto attivi nel volontariato, per cui al termine del nostro percorso di studi cercavamo un modo per coniugare le due cose, il sociale e il teatro. Può sembrare che queste due cose non siano connesse, e invece grazie al Teatro Civile abbiamo trovato un bel compromesso. L’idea principale è cercare e raccontare storie che possano sensibilizzare e muovere le coscienze, portando esempi e informando anche su ONG che si impegnano per i diritti umani e la tutela delle minoranze.
Civil Words però è stato creato molto dopo, fondato da noi due e altre cinque persone: Luca, Gabriele, Daniela, Daniele e Filippo. Ci consideriamo un po’ un collettivo di artisti, poiché abbiamo tante competenze diverse, siamo un bel gruppo eterogeneo con un obiettivo comune.
Ma cosa si intende per Teatro Civile?
Il teatro civile è quel tipo di teatro che tratta in maniera specifica i temi e i problemi dell’umanità sensibilizzando attraverso la recitazione, cercando di generare un cambiamento e ricordando la storia passata. Preservare la storia e la memoria è un tema fondamentale, poiché abbiamo l’esempio davanti ai nostri occhi che se dimentichi la storia, questa prima o poi si ripeterà.
Il nostro motto è rimanere umani, proprio per ricordare che quella è l’unica cosa che conta! Il nostro scopo è questo, fare in modo che attraverso le storie che raccontiamo si possa rimanere umani e si generi un cambiamento nelle persone. È una cosa successa anche a noi, grazie ad uno spettacolo che parlava della guerra in Bosnia abbiamo deciso di partire e fare volontariato lì, e questo non sarebbe mai successo senza il teatro.
Mi fate qualche spoiler di progetti futuri, spettacoli e storie che avete in programma di raccontare?
Dal punto di vista teatrale, abbiamo un progetto dal nome “Still Waiting for Godot“, ambientato a Sarajevo durante l’assedio. Abbiamo romanzato degli eventi realmente accaduti, in particolare raccontando la storia di due attori di Sarajevo che hanno preso parte allo spettacolo “Waiting for Godot” di Susan Sontag e la loro lotta nel restare umani in un contesto che era oltre il disumano.
Al di là dei progetti teatrali, stiamo creando un podcast che parla di storie di coraggio civile, con delle testimonianze storiche e autentiche, ad esempio trattando la questione Istriana e la vita dei profughi di Fiume. Stiamo anche progettando un documentario sul lavoro delle ONG in Italia, spiegando le loro attività e le attività dei volontari, creando anche una rete di contatto tra associazioni e persone che vogliono attivarsi. L’idea è quella di dare visibilità a questa parte bella e solidale dell’Italia.
Oltre alle storie è però anche importante capire il contesto geopolitico e culturale delle zone dove avvengono i conflitti, per cui grazie ad uno dei fondatori del progetto, che è uno storico, sul nostro sito si possono trovare approfondimenti in tal senso.
I giovani sembrano poco attratti dal teatro in generale, secondo voi con il teatro civile questa situazione può cambiare?
In realtà noi siamo qui, al festival Act.ival, proprio per questo, per far capire quanto siano importante il teatro civile e la condivisione delle storie che portiamo in scena. È importante che i giovani conoscano il teatro civile, poiché gli spettacoli non sono mai solo fini a se stessi ma stimolano sempre ad una riflessione. I contenuti di questi spettacoli sono sempre attuali e pertinenti al mondo di oggi, per cui possono offrire ai giovani delle chiavi interpretative della società odierna.
Anche coloro che hanno partecipato al nostro workshop qui al festival ci hanno stupito positivamente, erano un sacco entusiasti e i feedback ricevuti sono stati positivi. Per cui siamo sicuri che se questo tipo di teatro verrà conosciuto di più, molti giovani si appassioneranno.