Meditate che questo è stato
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
Primo Levi, I sommersi e i salvati
“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”.
“…Eichmann non era stupido, era semplicemente senza idee. Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza di idee possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell’uomo. Questa fu la lezione di Gerusalemme. Ma era una lezione, non una spiegazione del fenomeno, né una teoria”.
“I vuoti di oblio non esistono. Nessuna cosa umana può essere cancellata completamente e al mondo c’è troppa gente perché certi fatti non si risappiano: qualcuno resterà sempre in vita per raccontare. E perciò nulla può mai essere praticamente inutile, almeno non a lunga scadenza”.
“Quel che ora penso veramente è che il male non è mai ‘radicale’, ma soltanto estremo, e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla superficie come un fungo. Esso ‘sfida’ come ho detto, il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla. Questa è la sua ‘banalità’. Solo il bene è profondo e può essere radicale”.
Hannah Arendt, La banalità del male
“L’indifferenza è più colpevole della violenza stessa. È l’apatia morale di chi si volta dall’altra parte: succede anche oggi verso il razzismo e altri orrori del mondo”.
“Ho la paura della perdita della democrazia, perché io so cos’è la non democrazia. La democrazia si perde pian piano, nell’indifferenza generale, perché fa comodo non schierarsi”.
“Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare”.
Liliana Segre
“Shoah” (in ebraico השואה, HaShoah, “la catastrofe”), è il termine con cui usiamo indicare la persecuzione e lo stermino sistematici di circa sei milioni di Ebrei che è avvenuto in Europa durante il regime nazista. ‘Catastrofe’. È greco – κατά = sotto, giù e στρέϕω = volgere -, capovolgimento, è l’uomo che si rivolta su se stesso, contro se stesso, è l’assurdo, l’irrazionale, il disumano. È il disumano, ma è successo, e non possiamo permetterci di dimenticarlo.
Questa definizione, ‘catastrofe’, è un buon tentativo, ma per qualcosa come “la persecuzione e lo sterminio sistematici di circa sei milioni di persone”, trovare una parola adatta è impossibile. Trovare una definizione, un’interpretazione, un significato, un senso, ad un abominio del genere, è fuori dalla portata della nostra capacità di esprimere. Ed è davvero difficile concepire, ma anche solo pensare, immaginare, che qualcosa del genere, un orrore così, sia realmente accaduto. Che uomini e donne come noi, come i nostri padri, le nostre madri, i nostri amici, si siano resi testimoni di una tragedia tale. Ma questo abominio è accaduto. L’Olocausto fa parte della nostra eredità storica. È una pagina incancellabile della storia dell’uomo.
Guardiamo a quel passato con grande orrore, e sicuramente con la dovuta distanza. Con la sicurezza della civiltà moderna e democratica, ‘che mai sarebbe capace di una tale mostruosità’. Quel passato – recente – rischia di apparire troppo assurdo per avere la forza di spaventarci. Se non ne avvertiamo la pericolosità reale, il senso della memoria, ovvero quel richiamo alla forza viva che la memoria deve avere per spaventare e scandalizzare, rischia di svanire. Ma la memoria deve spaventare, perché ciò che è stato può ripetersi.
E allora, contro il rischio di perdere la consapevolezza, vogliamo ammonirvi: tutta questa ‘sicurezza’ di civiltà è pericolosissima. Bisogna ricordare, soprattutto oggi, che la violenza ha attraversato e attraversa ancora oggi tutta l’esistenza e la storia dell’uomo. Dalla guerra in Yemen ai campi in Libia, la rotta balcanica, l’emergenza in Bosnia – solo per citarne alcuni, ma la lista è tragicamente lunga. È fondamentale comprendere che la violenza non è solo Auschwitz, ma arriva ad Auschwitz – il campo di sterminio è il punto di non ritorno, il rovesciamento totale, è l’uomo che ha perso l’uomo, ma non è un’eccezione. È un prodotto umano. Un prodotto del predominio della violenza, ma è ancora un prodotto umano.
Proprio per questa possibilità assurda è necessario un impegno costante, uno sforzo collettivo reale perché l’umanità prevalga sull’indifferenza, perché è l’indifferenza, la facilissima e innocentissima indifferenza, che lascia campo aperto alla violenza e alla sua potenza bestiale. Perché quelle azioni mostruose sono state compiute sotto gli occhi di milioni di uomini la cui unica colpa – perché è stata una colpa – è stata l’indifferenza. E oggi, noi che ne siamo eredi senza colpa, non possiamo permetterci di essere indifferenti.
Ci si è chiesto dov’era, l’uomo? …E dov’era, l’uomo? Dov’era? Dov’è l’uomo, ogni volta che ci giriamo dall’altra parte? Dov’è l’uomo? Chiedo, davvero noi abitanti di questo secolo pensiamo di essere così lontani da quella disumanità? Così immuni? Davvero ci sentiamo così al sicuro?
Prendetevi, prendiamoci, oggi che è il 27 gennaio – e non necessariamente solo oggi, va bene, però almeno oggi – un po’ di tempo, che sia un minuto, tutto il giorno o un’ora, per fermarci, e ricordare. Per meditare che questo è stato. Che come è stato può ripetersi, e si ripete ogni volta che l’indifferenza prevale sulla coscienza. Che il male è spaventosamente facile, terrificantemente banale. E ricordiamolo perché è sì una consapevolezza dolorosa, ma è anche proprio per questo, e in virtù di questo, una consapevolezza necessaria.
“Perché ciò che è accaduto può tornare”.