Raccontare il cambiamento climatico: il metodo Barbascura X
Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Barbascura X, dopo aver letto il suo libro, edito da Mondadori, Saggio erotico sulla fine del mondo (2021), in cui si distingue per il modo di raccontare la natura e il cambiamento climatico dal suo punto di vista: quello di uno scienziato che è al tempo stesso un attivista e un content creator, accompagnandoci mano nella mano nella storia di una specie, la nostra, in grado di grandi slanci di altruismo ma anche di grande menefreghismo perché, dopotutto, dobbiamo trovare piacere nell’autodistruzione, altrimenti non si spiegherebbe il disastro verso cui tutti quanti ci stiamo avvicinando.
Saggio erotico sulla fine del mondo è un libro del 2021, credi che sia cambiato qualcosa o che siamo ancora più spacciati di prima?
Ogni anno che passa è un anno in meno per cambiare le cose ma ho la percezione che col passare del tempo ci sia un sempre più grande movimento politico e sociale che cerca di fare qualcosa anche se il tempo sta per scadere, a meno che da un giorno all’altro ci si sveglierà e si deciderà di cambiare le cose. Avremmo potuto iniziare a fare queste cose decenni fa, e quindi cambiare le cose gradualmente senza dover rivoluzionare tutto completamente. Nonostante tutto, non riesco a perdere l’ottimismo: la speranza è sempre quella di riuscire a sviluppare la tecnologia giusta per guadagnare più tempo, in particolar modo penso alla tecnologia per catturare la CO2 e limitare l’effetto serra… ma questo è un altro discorso.
Inventare nuove tecnologie o cambiare modo di vivere? Qual è il giusto atteggiamento nei confronti dell’ambiente?
Il cambiare atteggiamento da parte del singolo, ne parlo anche nel libro, è molto limitante: noi possiamo fare le nostre azioni concrete nel piccolo, ma non saranno queste a salvare il pianeta; adesso siamo in una situazione tale per cui l’unica soluzione possibile è che dal punto di vista politico, in modo del tutto organico, si prendano delle decisioni, per quanto impopolari, per agire concretamente. Possiamo fare la raccolta differenziata, ma non basterà questo a salvare il pianeta. Serve tanto altro, e questo altro dovranno farlo gli Stati.
Parlando di politica, che ne pensi di quanto emerso dalla COP28?
E’ stato abbastanza imbarazzante come evento, perché vedere così tanti lobbisti del petrolio, tutti nella stessa sede, fa capire quanto l’industria sia preoccupata dal cambiamento e di quanto siano consapevoli dell’inevitabilità della cosa. Lo scopo dell’industria del petrolio è quello di prendere più tempo possibile, per continuare ad arricchirsi, di cambiare tutto per non cambiare niente. E fa riflettere il fatto che i lobbisti del petrolio fossero di più dei rappresentanti dei vari Stati durante l’incontro. Nonostante il risultato della COP28 non sia stato sufficiente, poichè non sono state fissate neanche delle date di scadenza per raggiungere gli obiettivi concordati, possiamo almeno affermare di essere ormai a un livello di consapevolezza del cambiamento climatico e del disastro a cui tutti stiamo andando incontro senza precedenti.
Siamo una redazione di ragazzi: quale ruolo pensi possano avere le generazioni di oggi e quelle future in questa partita contro il tempo?
Mi fa sempre ridere quando si parla di generazioni future, di giovani d’oggi. Le generazioni future sono le generazioni di oggi, non ci sarà una generazione futura che potrà rimediare al problema perché poi sarà troppo tardi, è quella attuale che deve farlo. E’ ovvio che i più giovani siano più consapevoli del problema: hanno convissuto maggiormente con questa consapevolezza e soprattutto l’hanno anche studiata: se oggi vai a scuola, sai perfettamente cosa sia il cambiamento climatico, sai la natura antropica di questo problema, mentre fino agli anni Novanta il problema era la raccolta differenziata e il buco dell’ozono, che sono cose completamente diverse dal problema che stiamo affrontando adesso. Ricordiamoci che quando si parla di generazioni future, siamo noi, siamo già QUI e siamo l’ultima generazione che può ancora fare qualcosa, e per generazioni di oggi, intendo tutte le generazioni che vivono il nostro tempo, insieme, perché potrebbe esserci il rischio che non ci saranno delle generazioni future…
Durante il Giffoni Film Festival, una ragazza è scoppiata a piangere, dicendo di soffrire di #EcoAnsia e il ministro Picchetto Fratin si è commosso di fronte alle sue parole; e tu, soffri di #EcoAnsia? Negli ultimi mesi si parla sempre più di “ecoansia”, un sentimento che va diffondendosi sempre di più nei giovani; e tu, soffri di ecoansia?
Apparte che se il ministro si commuove, stic***i, se poi non fa niente… Io non soffro così tanto di ecoansia perché sono un cinico maledetto, anche se a volte sento un senso di claustrofobia perché non so come arginare il problema, consapevole però che io sto facendo del mio meglio per divulgare queste informazioni, per smuovere le cose, per sensibilizzare, ma allo stesso tempo mi lascio deprimere, forse perché ne parlo troppo, o perché mi trovo troppo spesso a contatto con altre realtà che cercano di normalizzare il problema, o che addirittura cercano di ignorarlo, sperando che da un momento all’altro sparisca. La cosa paradossale è che il negazionismo climatico è nato come risposta dell’industria del petrolio che si oppone ai cambiamenti e ora i negazionisti si oppongono a qualsiasi svolta green perché dicono siano volute dall’industria… un serpente che si morde la coda, qualcosa di assurdo. Per concludere, chiunque sia consapevole del problema non può non soffrire di ecoansia, ma facciamo in modo che questa ansia possa muovere un po’ le cose…
Noi ragazzi della redazione stiamo partecipando a dei workshop su come raccontare il cambiamento climatico, per questo ne approfitto per chiederti qualche consiglio:
Per te, quali sono gli ingredienti giusti per farlo?
Non c’è un modo giusto, ci sono infiniti modi giusti. Posso dirvi come lo faccio io: facendo divulgazione strizzando l’occhio all’infotainment, per intrattenere le persone e farle divertire perché altrimenti le persone si annoierebbero… e la noia è nostra nemica. Ognuno ha il suo modo di raccontare la storia, il suo tone of voice, e ognuno deve provare centinaia di strade diverse, sperimentare cose nuove, utilizzando mezzi nuovi, con i fumetti, in discoteca, con una campagna pubblicitaria, diffondendo un hashtag…
E’ significativo un passaggio del libro in cui dici che l’atteggiamento dell’uomo nei confronti dell’ambiente è radicalmente cambiato con la foto Earthrise. Quando gli uomini hanno visto la bellezza, e la piccolezza, della Terra vista dalla Luna. Tu invece racconti di scienza brutta, fatta male, pensi che possa funzionare ugualmente?
Io la scienza la racconto brutta e male, perché è il modo in cui io faccio le cose. Per quanto questa cosa funzioni per arrivare a un sacco di persone, e quindi io abbia un potere di sensibilizzazione notevole, sono anche consapevole di essere una goccia nel mare: i miei video vengono visti da un milione di persone, ma sono poche considerando che stiamo affrontando un problema di scala mondiale. Io sto facendo la mia parte, ma servono tante voci, diverse, che affrontino questo problema in modo completamente diverso, in contesti completamente diversi dai miei perché l’obiettivo è arrivare a più persone possibili: io ho una mia bolla, quelle che vogliono divertirsi scoprendo cose, che sono spesso già sensibili a questi temi, ma l’obiettivo è quello di sfociare in altre bolle, che hanno meno interesse a relazionarsi con questi temi. La soluzione è che tutti, scienziati ma anche studenti, professori, aziende, panettieri, supermercati… ecco si è capito… che tutti si occupino di divulgazione. E’ questa la divulgazione: arrivare a più persone possibili, anche e soprattutto a quelle che non sono interessate alla tematica, perché è facile parlare a coloro che sono già sensibili al tema, ma farlo con chi non lo sarebbe è la vera sfida.
Ma alla fine, facciamo finta di trovarci a pochi giorni dalla sesta estinzione di massa sulla Terra, come la vivresti, che musica ascolteresti, a cosa penseresti?
Purtroppo non possiamo neanche godercela, è proprio un’estinzione di merda. Non è una cosa che succede da un momento all’altro, perché è bello immaginare l’estinzione alla Don’t Look Up, godendosi le ultime ore della propria vita organizzando una festicciola a casa con la musica e le persone giuste, ma non sarà così. Se dovesse succedere, sarà una morte lenta e dolorosa, fatta di gente affamata, assetata, di caldo boia, di sofferenza… nel libro scrivo: mi godrò la fine sorseggiando un Martini caldo, mentre l’orizzonte va in fiamme.
Saggio erotico sulla fine del mondo è un libro che cambia il nostro modo di vedere le cose, di rapportarci alla natura e al pianeta Terra; è il ritratto bizzarro di una specie, ma anche il suo manifesto autodistruttivo, e crediamo che sarà proprio questa nuova consapevolezza a salvarci…