Gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni forzate
I fenomeni delle migrazioni sono dovute da moltissime cause. Negli ultimi anni la crisi climatica ha aumentato esponenzialmente il numero di sfollati (tendenzialmente “a corto raggio”, ovvero all’interno dei confini dello stesso paese di provenienza), soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
Questo fenomeno prende il nome di “migrazioni climatiche”. Per capire meglio di cosa si tratta, abbiamo incontrato Cristina Franchini dell’Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR).
Il diritto internazionale prevede attualmente forme di tutela specifiche per lo sfollamento causato dalla crisi climatica?
Sebbene il diritto internazionale non contempli forme di tutela specifiche, le persone possono essere considerate rifugiate ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951 quando i criteri da essa previsti siano soddisfatti. Merita di essere nominato il caso Teitiota v. Nuova Zelanda che ha di fatto confermato l’esistenza di un possibile rischio personale dovuto alle conseguenze dell’emergenza climatica. Il caso riguarda il ricorso presentato da un cittadino di Kiribati contro la decisione delle autorità giudiziarie neozelandesi che non gli riconoscevano il diritto di asilo, seppure lui lamentasse che l’impatto delle conseguenze dovute al cambiamento climatico avrebbero leso il suo diritto alla vita (art. 6, Patto internazionale sui diritti civili e politici).
Anche se la pronuncia non è stata favorevole al signor Teitiota, a causa del numero insufficiente di prove che testimoniassero un pericolo per il suo diritto alla vita, il Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha affermato un importante principio: gli effetti dell’emergenza climatica possono minacciare i diritti previsti dal Patto internazionale per i diritti civili e politici, incluso il diritto alla vita, innescando così obblighi di non-refoulement (non-respingimento, ndr) e il diritto a una forma di protezione in caso di danno imminente. Esistono inoltre strumenti regionali che includono la tutela delle persone colpite dalla crisi climatica e dai disastri naturali, allineandosi con definizioni più ampie come quella della Convenzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana del 1969 e della Dichiarazione di Cartagena del 1984.
In che modo l’UNHCR si sta impegnando per il riconoscimento legale di coloro che sono costretti a fuggire a causa della crisi climatica?
Riconoscendo l’interconnessione tra cambiamento climatico, migrazioni forzate e vulnerabilità, l’UNHCR partecipa attivamente alle discussioni sull’evoluzione del diritto internazionale dei rifugiati e sull’eventuale sviluppo di strumenti legali per affrontare lo sfollamento causato dalla crisi climatica, in linea con il suo mandato. Inoltre, dato il significativo impatto della crisi climatica sul benessere dei rifugiati e degli sfollati, l’UNHCR partecipa annualmente alla Conferenza delle Parti (COP), con l’impegno di mantenere la questione come priorità nell’agenda internazionale, supportando il coordinamento tra le Parti e fornendo consulenza tecnica sulla questione, sfruttando la propria esperienza e presenza operativa a livello globale.
In quali condizioni le persone costrette a fuggire a causa della crisi climatica possono diventare rifugiati o richiedenti asilo?
Le persone costrette ad attraversare i confini internazionali nel contesto di disastri o eventi legati alla crisi climatica possono, in alcuni casi, rientrare nella definizione giuridica internazionale di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, ad esempio:
- Quando i cambiamenti climatici e i disastri interagiscono con conflitti o persecuzioni, causando o esacerbando potenzialmente violazioni dei diritti umani o persecuzioni. Quando lo Stato non è disposto o non è in grado di proteggere le vittime di tali violenze, queste possono avere un fondato timore di essere perseguitate per uno dei motivi previsti dalla Convenzione del 1951.
- Dove gli effetti negativi del cambiamento climatico possono acuire le tensioni politiche, etniche o religiose e le divisioni sociali, dando luogo a persecuzioni basate sui motivi della Convenzione del 1951. Laddove le istituzioni governative sono deboli, gli effetti della crisi climatica e dei disastri possono avere un impatto sui mezzi di sussistenza e sulle condizioni di vita. In tali situazioni, può sorgere un fondato timore di persecuzione se a gruppi o individui viene negato l’accesso all’assistenza o ai servizi sulla base di discriminazioni legate all’etnia, alla casta, al gruppo sociale o alle opinioni politiche.
In che modo UNHCR si impegna nelle sue operazioni per supportare le persone costrette a fuggire a causa della crisi climatica?
L’UNHCR si impegna in varie iniziative per sostenere le persone costrette a fuggire a causa della crisi climatica. L’approccio dell’organizzazione va oltre l’assistenza umanitaria immediata, focalizzandosi su soluzioni sostenibili e resilienti al clima. Queste azioni includono:
- Mitigazione attraverso le energie rinnovabili promuovendo attivamente l’uso di fonti di energia rinnovabili nei campi rifugiati, riducendo così la dipendenza dai combustibili fossili.
- Alloggi e infrastrutture resistenti al clima, con l’utilizzo di materiali durevoli, miglioramenti nelle strutture idriche e igieniche, e capacità di resistere a eventi meteorologici estremi.
- Introduzione di beni di prima necessità eco-sostenibili come coperte, secchi, taniche e materassini nel proprio piano di approvvigionamento.
- Guida dei programmi di adattamento alle comunità, permettendo ai rifugiati di sviluppare e implementare strategie per aumentare la loro resilienza alle sfide climatiche.
Perché gli Accordi sul Clima sono importanti anche per coloro che sono costretti a fuggire a causa della crisi climatica?
Gli Accordi sul Clima sono fondamentali anche per chi fugge a causa della crisi climatica, poiché un contenimento dell’aumento delle emissioni entro i 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, come auspicato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) e ribadito nell’obiettivo 13 dell’Agenda 2030, possono influenzare le migrazioni forzate, in quanto anche i cambiamenti climatici e i disastri possono costringere le persone alla fuga, amplificando situazioni già critiche di persecuzione, violenza e violazione dei diritti umani. Infatti, molti Paesi sono colpiti sia da conflitti che da disastri che interagiscono e si sovrappongono come fattori scatenanti e trainanti dello spostamento forzato. Pertanto, la combinazione di questi fattori determina un aumento dei rischi, aggrava le condizioni di vulnerabilità e accresce i bisogni di protezione delle persone. Eventi legati alla crisi climatica come siccità, inondazioni e temperature estreme possono compromettere i mezzi di sussistenza (tutti quei mezzi indispensabili a soddisfare le necessità essenziali della vita, ndr), le condizioni di sicurezza nonché il godimento dei diritti fondamentali delle persone e delle comunità agendo come un moltiplicatore di rischi, spingendo le persone a spostarsi, soprattutto in aree già colpite da conflitti. Inoltre, rifugiati e sfollati interni sono spesso costretti ad affrontare anche le avversità indotte dal clima nei Paesi che li accolgono. Infatti, quasi il 60% delle persone costrette alla fuga nel mondo si trova nei Paesi più vulnerabili all’impatto dei cambiamenti climatici, come Siria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Afghanistan e Myanmar. La conseguenza è che la maggior parte dei rifugiati proviene da Paesi più vulnerabili e meno preparati ad adattarsi all’impatto che il cambiamento climatico viene progressivamente determinando. Iniziative come quella recentemente concordata alla COP28 di Dubai, con una tabella di marcia per “l’abbandono dei combustibili fossili”, sono quindi molto importanti, considerata la crescente vulnerabilità dei paesi di provenienza dei rifugiati, come sottolineato dal Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres. Una lettura che approfondisce queste tematiche è il rapporto Un’umanità in fuga: Gli effetti della crisi climatica sulle migrazioni forzate, pubblicato a dicembre 2023 da Legambiente, con il contributo di UNHCR.
Secondo l’UNHCR, quali sono i principali risultati della COP28 che contribuiscono alla protezione delle persone costrette a fuggire a causa della crisi climatica?
L’UNHCR riconosce che alla COP28 sono stati compiuti passi importanti, a partire dall’iniziativa di stabilire una tabella di marcia per “abbandonare i combustibili fossili”. In particolare, nel primo “Global Stocktake” dell’Accordo di Parigi (il bilancio fatto tra stati per verificare l’andamento di ogni governo nell’attuazione dell’Accordo di Parigi, ndr), lo spostamento forzato e le persone sfollate sono stati riconosciuti in diversi paragrafi riguardanti le perdite e i danni. Questo, che è la decisione centrale della COP28, può contribuire in modo più decisivo al raggiungimento degli impegni nazionali che includono anche le persone sfollate e a colmare i divari di attuazione entro il 2030. A questo proposito, vale la pena ricordare che è stata stabilita l’operatività del Fondo per le perdite e i danni (Loss and Damage), che aiuta i Paesi in via di sviluppo a far fronte alle perdite e ai danni causati dai cambiamenti climatici, all’interno del quale lo spostamento forzato e le persone sfollate sono esplicitamente riconosciuti nelle sue finalità. Inoltre, è stato fatto riferimento al coinvolgimento di attori chiave, tra cui le agenzie ONU competenti, da convocare regolarmente per garantire la complementarità e il coordinamento.