Resistenza e identità: il caso delle donne siriane
In una Siria devastata da conflitti e disordini, le donne sono le eroine silenziose della resistenza: attiviste, madri, leader. Ma cosa significa essere donna in un paese che cerca di risorgere dalle sue ceneri?
Donne prima della guerra civile: fra emancipazione e violenze
La situazione delle donne in Siria è caratterizzata da decenni di gravi violazioni dei diritti umani, sia prima che in seguito allo scoppio della guerra civile nel 2011.
Prima del conflitto, le donne vivevano sotto un regime autoritario che le privava dei loro diritti politici, sociali ed economici. La società siriana continua ad essere profondamente influenzata da politiche che reprimono le libertà individuali e da norme patriarcali che ampliano il divario tra uomini e donne. Nonostante questo, alcune donne durante questo periodo hanno avuto accesso all’istruzione e hanno potuto ricoprire incarichi pubblici.
Il ruolo delle donne durante la guerra civile
Con l’avvento della guerra civile le donne sono state sempre più marginalizzate dalla società siriana, oltre ad appartenere ad una delle categorie più soggette alle violenze del conflitto.
Nelle zone controllate dai gruppi jihadisti come ISIS e Hay’at Tahrir al-Sham (HTS) le donne hanno subito leggi sempre più restrittive, come l’obbligo di indossare il velo integrale e il divieto di lavorare o uscire senza essere accompagnate da un uomo della propria famiglia. Nei territori controllati dalle Forze Democratiche Siriane (SDF) invece, alcune donne hanno potuto far parte della resistenza, ottenendo il dovuto riconoscimento di alcuni diritti fondamentali. Non possiamo inoltre ignorare il ruolo delle donne curde appartenenti all’Unità di Protezione delle Donne (YPJ), milizia fondata per proteggere i territori della Siria dagli innumerevoli gruppi armati che vi imperversano.
Tali conquiste sono però rimaste circoscritte rispetto al resto del paese, ancora legato ad un contesto di estrema povertà ed instabilità. Possiamo comunque sostenere che durante il conflitto le donne siriane abbiano assunto molteplici volti e ruoli: sono divenute attiviste, rifugiate, capifamiglia, combattenti. Nonostante le gravi condizioni di miseria in cui sono state obbligate a vivere, le donne siriane sono state capaci di proteggere sé stesse e la propria famiglia, spesso fuggendo in paesi confinanti alla Siria o verso il continente europeo. Secondo le stime più recenti, la crisi siriana ha prodotto più di 4 milioni di rifugiati e in alcune aree del globo donne e bambini rappresentano quasi il 70% di questi.
Le donne siriane hanno rivestito anche un ruolo di leadership nel contesto della resistenza contro il regime autoritario di Bashar al-Assad. Molte di loro si sono attivate per la libertà e per il rispetto dei diritti umani. Fra queste, possiamo nominare l’avvocatessa e attivista Razan Zaitouneh, che nel 2011 ha fondato il Violations Documentation Center (VDC), un ente che monitora i crimini di guerra contro i civili. Nel 2013 è stata rapita a Douma, e il suo destino rimane tuttora sconosciuto. Zaitouneh rappresenta una figura chiave della rivoluzione siriana, così come lo era Fadwa Suleiman, attrice e attivista. Suleiman è stata una delle prime figure pubbliche ad opporsi apertamente al regime di Assad ed è soprattutto ricordata per la sua partecipazione alle proteste della città di Homs scoppiate nel 2011. Fuggì dalla persecuzione del regime rifugiandosi in Francia e continuando a lottare per la giustizia in Siria fino alla sua morte nel 2017.
Il futuro della Siria: una sfida di inclusione
Oggi le donne siriane chiedono a gran voce il ritorno della stabilità nel proprio paese, in seguito alla definitiva caduta del regime di Assad avvenuta l’8 dicembre 2024. Dopo più di cinquant’anni dall’insediamento della famiglia al-Assad al governo, la Siria si ritrova ad essere un paese libero. Nonostante questo però, ci sono ancora moltissime incognite da considerare. Prima di tutto, per citare quanto sostenuto da Edoardo Corradi su un articolo per Geopolitica.info, ci potrebbero essere gravi ripercussioni per la nuova Siria se venisse meno un’equa inclusione delle varie fazioni che hanno portato avanti la rivoluzione.
L’assenza di una governance stabile e la crisi sociale che la Siria ha affrontato per più di un decennio hanno compromesso enormemente la situazione umanitaria ed il rispetto dei diritti fondamentali di alcune categorie, fra cui quella delle donne.
La lotta per l’uguaglianza portata avanti dalle donne siriane potrebbe essere fortemente ostacolata dalla persistenza di disaccordi e attriti fra le fazioni presenti nel paese, che potrebbero così ritardare molti processi decisionali.
Oltre alle importanti divisioni politiche presenti in Siria, le donne non hanno ancora ottenuto un ruolo riconosciuto nella ricostruzione del paese e potrebbero essere marginalizzate ancora per molto.
La Siria di oggi si trova ad un bivio: includere le donne nel processo di ricostruzione del paese significherebbe scegliere la strada dell’equità e della stabilità.
Come hanno dimostrato le attiviste Razan Zaitouneh e Fadwa Suleiman, il cambiamento nasce dalla perseveranza e dalla partecipazione di tutt3. La lotta per i diritti delle donne è una lotta che riguarda tutt3, è una lotta per i diritti di tutt3. Questa battaglia rimane una componente fondamentale per lo sviluppo di ogni società del mondo, ed in questo caso per una futura Siria più equa e inclusiva.
Documentari consigliati:
- “Alla mia piccola Sama” di Waad Al-Kateab e Edward Watts (2019).
- “The Cave” di Feras Fayyad (2019).