Resistere nella capitale dell’amore
Ogni mattina, a poche centinaia di metri dal centro della città di Malmö, una decina di bancarelle a strisce rosse, verdi e bianche cattura lo sguardo delle decine di persone che, per un motivo o per un altro, si incontrano nei dintorni di Möllevångstorget. Il via vai di persone intente a scrutare la merce in cerca dell’offerta migliore è scandito dal via vai di persone che si guarda intorno in cerca di qualcuno e dal via vai di persone che attraversa la piazza di passaggio. Un’esplosione di colori accompagna il botta e risposta tra clienti e commercianti, mentre in sottofondo rimangono i rumori della città e il chiacchiericcio dei passanti. Oltre le tende, un monumento raffigurante i corpi di uomini e donne che sollevano a mani nude la sagoma di una città colma di fabbriche delimita i confini della piazza. La città raffigurata è Malmö, e quel monumento è l’Arbetets ära, testimonianza della storia di questo quartiere.
Möllevången, o colloquialmente Möllan, fu il cuore pulsante del movimento operaio negli anni ‘20. Teatro di proteste, scioperi e manifestazioni, iniziò a spopolarsi negli anni ‘50 come conseguenza della crescita di abitazioni in miglior stato nelle zone periferiche di Malmö.
Spesso spogli di servizi di base, molti appartamenti del quartiere rimasero inabitati fino agli anni ‘80, quando studenti, operatori culturali, attivisti e rifugiati politici vi si trasferirono, restituendogli quella vivacità politica che l’aveva caratterizzato negli anni ‘20.
“Baraccopoli”. “Piccola Berlino”. Möllan, il quartiere più politicizzato della città, continua a essere definito in vari modi, da topaia a feticcio multiculturale della città, da storia di successo a storia di insuccesso del modello di integrazione svedese. Da una parte, da vendere al pubblico – inteso sia come flusso turistico che come lista di potenziali imprenditori e affittuari – un luogo entusiasmante, alternativo, “hipster” e dal respiro internazionale, in cui le 150 lingue parlate a Malmö e le 184 nazionalità che vi risiedono sono visibili come in nessun altro quartiere della città. Dall’altra, da identificare come modello per comprovare quanto l’alto tasso di criminalità di un luogo sia in realtà una conseguenza della sua diversità etnica. Non solo a Möllan spetta questa sorte: è la stessa che colpisce Rosengård e la città tutta intera, pesce fuor d’acqua in una contea – la Scania – fortemente conservatrice.
In questo contesto, i cittadini lottano per offrire un’immagine diversa, quella di un quartiere e, per estensione, di una città fortemente anti-razzista e anti-fascista, in cui l’equità può prosperare e le persone possono sentirsi al sicuro. A volte è un semplice “no” alla domanda “ti senti in pericolo a Möllan?”; altre volte siamo noi, studenti internazionali, che tra una sera nel jazz club dietro Möllevångstorget e un’altra a consumare della birra a poco prezzo nel locale alla sua destra scopriamo con stupore la reputazione di cui godono gli spazi che ogni giorno viviamo con spensieratezza; altre volte è l’attivismo, che è ben consapevole del potere delle parole nel modellare la realtà. Antifascistik Aktion, Allt åt alla Malmö (Tutto per Tutti), Amalthea, Ung Vänster östra Malmö (Unione Giovani di Sinistra), Malmö for Palestine: queste sono solo alcune delle associazioni che tra incontri, seminari, manifestazioni e attività di advocacy si impegnano non solo a garantire vivacità al quartiere, ma anche a costruire una narrazione dello stesso che si focalizza sulla sua inclusività e ospitalità, spesso espandendola alla città intera, che nel frattempo si è guadagnata i soprannomi di “capitale dell’amore” e “capitale della resistenza”. Queste azioni, lungi dal voler negare la fattualità dei disagi che caratterizzano il quartiere, puntano piuttosto a controbilanciare i racconti stigmatizzanti perpetrati dai media nazionali e a contestare il presunto legame tra migrazioni e criminalità, tra l’altro facilmente relazionabile alla ricca vita notturna che contraddistingue Möllan.
Per notarlo, basta una semplice passeggiata per le vie del quartiere.
Folkets Park, la principale area verde della zona, è interamente ricoperto di murales che richiamano ideali di pace e giustizia. I muri lungo le strade hanno una quantità di poster e graffiti interminabile e in continua evoluzione, tanto che sembra quasi che ogni volta debbano lottare per riuscire a ottenere un posto a tavola. I bar delle vie principali sono colmi di persone intente a sbirciare computer, libri di testo, testi accademici; parlano della recente apertura di un centro culturale, di un nuovo seminario da Amalthea o di una nuova mostra di Black Archives Sweden, primo archivio in Svezia che si occupa di raccontare le storie ed esperienze delle persone afro-svedesi. E poi ci sono i luoghi principali, o meglio, il luogo principale: Möllevångstorget e la sua Arbetets ära. Casa del più animato mercato della città di giorno, al calare del sole torna ad esserne il cuore politico. Punto d’incontro per i sit-in e punto di arrivo per le manifestazioni, qui è dove 600 persone si riunirono il 19 Dicembre del 2013 in solidarietà con i quattro ragazzi che, pochi giorni prima, erano stati attaccati dai membri del Movimento di resistenza nordica a Stoccolma. Qui è dove al grido di “we’re all anti-racist” si ricostruisce un’immagine diversa e accogliente della città e del quartiere. Qui è dove, ogni sabato e ogni domenica, si esaurisce un canto che, per ore, rimbomba per le strade del centro e per le strade di Möllan: “from the river to the sea, Palestine will be free”.