Nel mare ci sono i coccodrilli

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Se nasci in Afghanistan, nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, può capitare che, anche se sei un bambino alto come una capra, e uno dei migliori a giocare a Buzul-bazi, qualcuno reclami la tua vita. Tuo padre è morto lavorando per un ricco signore, il carico del camion che guidava è andato perduto e tu dovresti esserne il risarcimento. Ecco perché quando bussano alla porta corri a nasconderti. Ma ora stai diventando troppo grande per la buca che tua madre ha scavato vicino alle patate. Così, un giorno, lei ti dice che dovete fare un viaggio. Ti accompagna in Pakistan, ti accarezza i capelli, ti fa promettere che diventerai un uomo per bene e ti lascia solo”.  

Nel mare ci sono i coccodrilli ( Baldini & Castoldi edizioni, Fabio Geda, 2010).

Questo è l’incipit della storia di Enaiatollah Akbari, che Fabio Geda racconta nel romanzo Nel mare ci sono i coccodrilli (Baldini & Castoldi edizioni, Fabio Geda, 2010).

Enaiat è un ragazzo afghano di etnia hazara che, lasciato da sua madre in Pakistan, intraprende da solo il viaggio che lo condurrà fino in Italia.

Uscire dal distretto o dalla provincia di Ghazni era estremamente pericoloso per noi, perché tra talebani e pashtun, dovevi stare attento a chi incontravi. C’è un detto tra i talebani: ai tagiki il Tagikistan, agli uzbeki l’Uzbekistan, agli hazara il Goristan. Questo dicono. E Gor significa tomba”. 

Gli hazara sono un gruppo etnico che, fino alla fine dell’ ottocento, ha rappresentato circa il 65% della popolazione afghana. Sono vittime di un genocidio non riconosciuto e  da oltre un secolo vengono perseguitati, in quanto minoranza religiosa e linguistica, dai pashtun sunniti, gruppo etnico di cui fanno parte anche i talebani.

Gli hazara hanno tratti somatici tipici delle popolazioni mongole stanziatesi in Afghanistan nel XII secolo e parlano il farsi (persiano) o l’ Hazaragi. Inoltre sono musulmani sciiti per la maggior parte non integralisti. 

Nel suo racconto, Enaiat parla spesso delle divergenze tra i due gruppi etnici che sono all’origine del motivo che ha spinto sua madre ad allontanarlo dall’ Afghanistan. Infatti, in seguito alla morte di suo padre, sarebbe dovuto essere il risarcimento del danno causato ai talebani che l’avrebbero preso con loro e trattenuto in condizioni di schiavitù. 

Hai visto le stelle, Enaiat? 
Cosa c’entrano le stelle? 
Contale, Enaiat. 
È impossibile. Sono troppe. Allora comincia, ha detto mamma. Altrimenti non finirai mai”.

Il viaggio di Enaiat in compagnia di sua madre comincia di notte e termina poche mattine dopo a Quetta, dove il ragazzo scopre di essere stato abbandonato e decide di proseguire da solo verso l’Europa. Per raggiungere il nostro continente, Enaiat attraversa la rotta dei Balcani, conoscendo realtà come quella dello sfruttamento minorile nelle fabbriche di pietra iraniane, la violenza delle guardie di frontiera, i mezzi poco sicuri forniti dai trafficanti per attraversare il mare e i viaggi nascosto tra le ruote dei camion per passare da un paese all’ altro.

Molti ragazzi come Enaiat, spinti da conflitti, diseguaglianze e instabilità, lasciano i loro paesi per costruirsi un futuro in Europa.

Secondo i dati dell’ Rapporto Mondiale sulle Migrazioni 2024 presentato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), sono 398 milioni i migranti a livello globale dei quali, 

36 milioni sono minori non accompagnati che subiscono violenze di ogni tipo. 

I minori migranti si dividono in minori stranieri non accompagnati (MSNA) che intraprendono il viaggio senza la presenza di figure legalmente responsabili e minori separati da entrambi i genitori o tutori legali, ma non essenzialmente da altri familiari. La maggior parte di questi minori raggiunge il nostro Paese attraversando la rotta dei Balcani o quella del Mediterraneo centrale.

I paesi della rotta dei Balcani rappresentano principalmente paesi di transito verso l’Europa occidentale e settentrionale nei quali ai migranti risulta difficile stabilirsi.

Dal rapporto Ovunque andiamo, qualcuno ci fa del male, pubblicato da Save The Children nel 2022, emerge che i minori migranti vengono sistematicamente maltrattati dai trafficanti di esseri umani, dagli agenti di polizia e da altri adulti mentre viaggiano attraverso i Balcani verso l’Europa e la maggior parte è testimone o subisce abusi sessuali. Spesso, gli adulti che avrebbero avuto il potere di aiutarli, come gli agenti di polizia, sono stati quelli che più frequentemente hanno commesso atti di violenza contro i minori lungo la rotta balcanica.

La rotta del Mediterraneo centrale continua ad essere una delle rotte migratorie più pericolose al mondo dove si svolgono viaggi spesso letali per chi l’attraversa. 

Dai dati del Missing Migrants, progetto dell’ Organizzazione Internazionale per le migrazioni (OIM), emerge che dal 2014 ad oggi circa 28 mila persone hanno perso la vita in quelle acque.

Come si trova un posto per crescere, Enaiat? 
Come lo si distingue da un altro? 
Lo riconosci perché non ti viene voglia di andare via. Certo, non perché sia perfetto. Non esistono posti perfetti. Ma esistono posti dove, per lo meno, nessuno cerca di farti del male”.

Enaiat arriva in Italia dopo diversi giorni nascosto in un camion che viaggiava all’interno di una nave. Giunge a Venezia e, dopo aver raggiunto Torino grazie all’aiuto di un uomo incontrato alla stazione, ritrova Payam, un ragazzo del suo villaggio che aveva intrapreso il viaggio prima di lui e viveva in Italia ormai da anni.

Payam accompagna Enaiat all’ ufficio minori stranieri dove, a causa della mancanza di posti nelle comunità, non possono aiutarlo.

Decide allora di rivolgersi a Danila e Marco, educatori dell’associazione ASAI, che lo accolgono in casa loro.

Grazie a Danila e Marco, che dopo mesi ottengono il suo affidamento, Enaiatollah comincia a frequentare l’associazione passando del tempo assieme ai ragazzi che ne fanno parte tra i quali c’è anche Payam. Inoltre comincia a frequentare la scuola per imparare l’italiano, requisito fondamentale che gli permette di richiedere il permesso di soggiorno.

Enaiat ottiene il permesso di soggiorno come rifugiato politico

dopo aver mostrato alla commissione un articolo in cui si parlava di un giovane talebano che giustiziava un uomo anziano sostenendo si trattasse di una spia. Inoltre, dopo aver raccontato la sua storia, aggiunge che se fosse rimasto in Afghanistan, quel ragazzino sarebbe potuto essere lui.

Da circa trent’anni, l’Italia è interessata dalle migrazioni dei minori stranieri non accompagnati, fenomeno costantemente in crescita e tutelato dalla legge 47 del 2017.

La legge 47 è una legge di iniziativa parlamentare, stabilisce che i minori stranieri non accompagnati non possono essere respinti e hanno diritto ad essere correttamente identificati e collocati in strutture di prima accoglienza a loro dedicate.

Questa legge è stata inoltre riconosciuta come modello dalle istituzioni europee per le innovazioni che introduce nell’ordinamento.

Nonostante la numerosa presenza di MSNA sul territorio italiano, non sono mai stati creati centri governativi di prima accoglienza come previsto dalla legge e il numero delle strutture dedicate alla prima accoglienza dei minori, negli ultimi anni, si è ridotto. 

Ciò ha portato a un conseguente prolungamento della permanenza negli hotspot o nelle aree di sbarco e ha determinato un numero alto di minori lasciati in strada in attesa di essere collocati in centri d’accoglienza.

La mancanza di un vero e proprio sistema di accoglienza su tutto il territorio nazionale che risponda agli standard della legge,

porta le cooperative sociali di tutta Italia a svolgere un ruolo importante nell’accoglienza dei minori stranieri.

Grazie a un progetto scolastico, ho avuto modo di entrare in contatto con la cooperativa Dedalus che dal 2001 opera sul territorio campano costruendo spazi di incontro e opportunità di cittadinanza attraverso progetti e servizi di accoglienza, di cura e di emancipazione. Inoltre a Napoli hanno uno spazio nel quartiere dell’ Arenaccia chiamato Nanà, dove offrono uno sportello di ascolto, di orientamento e accompagnamento ai servizi e consulenza legale a tutti coloro che hanno un background migratorio.

Come Dedalus, in tutta Italia le cooperative sociali si impegnano ad aiutare chi viene da lontano a realizzare il loro sogno di un futuro migliore.

Il racconto della storia di Enaiat da parte di Fabio Geda termina quando il ragazzo, ormai stabilitosi a Torino con Danila e Marco, riesce, tramite la famiglia di un ragazzo pakistano conosciuto in viaggio, a rintracciare sua madre. 

Ci parlavamo per la prima volta dopo otto anni, otto, e quel sale e quei sospiri erano tutto quello che un figlio e una madre possono dirsi, dopo tanto tempo. Siamo rimasti così, in silenzio, fino a quando la comunicazione si è interrotta. 
In quel momento ho saputo che era ancora viva e forse, lì, mi sono reso conto per la prima volta che lo ero anch’io. Non so bene come. Ma lo ero anch’io”.

Attualmente Enaiatollah Akbari ha trentatré anni, è laureato in Scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione e lavora per l’ Università di Torino.

Da due anni è ufficialmente cittadino italiano.