Migrazione: risorsa globale e sfida europea

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Sin dalle prime colonizzazioni dei continenti,  60mila anni fa,  la mobilità è sempre stata una caratteristica della civiltà umana, in costante ricerca di risorse e stabilità.

Le popolazioni sono il risultato di incontri, competizioni, processi di assimilazione e fusione biologica e culturale di gruppi e individui mai veramente statici e sempre in movimento.

La mappa dell’umanità non è stabile, non lo è ora e non lo sarà mai: la storia è un susseguirsi di eventi globali quali guerre, genocidi, epidemie, pestilenze, ai quali si sono aggiunte le difficoltà dovute a un clima estremamente instabile e il progresso tecnologico, che portano gli esseri umani a fuggire in cerca di una sicurezza fisica.

Eppure secondo alcuni studiosi è proprio l’inarrestabile mobility umana a condurre il progresso. Tra questi il politologo indiano Parag Khanna sostiene: “La società funziona normalmente solo se ci possiamo muovere. Quando smetti di pedalare, la bicicletta cade rapidamente. Quella bicicletta è la nostra civiltà”.

Secondo Khanna, infatti, i migranti costituiscono una risorsa per qualsiasi Paese che sappia riconoscere il bisogno di giovani provenienti da altre parti del mondo per continuare a far “girare le ruote” della  propria società, altrimenti “chi terrà in piedi il sistema pensionistico, chi contribuirà alle tasse, chi si occuperà degli anziani, chi gestirà compagnie tecnologiche e chi coltiverà i campi tra dieci, venti e trent’anni?”.

È infatti utile osservare come l’accoglienza di migranti costituirebbe un grande vantaggio per quei paesi  la cui popolazione diminuisce di anno in anno.

Tutte le nazioni che comprendono tale risorsa e imparano a usufruirne vengono definite dal politologo come nazioni “smart” e sono ancora in netta minoranza rispetto alle nazioni “stupide”, controllate da governi che non accettano, e  probabilmente non accetteranno mai, la libera circolazione degli individui sul pianeta perché “avere sovranità nazionale significa controllare i propri confini”.

Proprio questo è il caso dell’Unione Europea che nonostante i potenziali benefici, ha mostrato una crescente tendenza a ostacolare i flussi migratori. Questo atteggiamento deriva da una serie di preoccupazioni, tra cui la sicurezza nazionale, il timore di mettere a dura prova i sistemi di welfare e la difficoltà di integrare un gran numero di nuovi arrivati. Inoltre è diffusa la percezione che la migrazione possa minacciare la stabilità sociale e culturale, alimentando sentimenti di insicurezza e xenofobia.

Proprio per questo da tempo l’UE cerca di contenere, spesso vanamente, il flusso dell’umanità attraverso strade alternative per evitare la ridistribuzione dei migranti.

Tra queste l’accordo preliminare avanzato il 9 giugno 2023, quando i ministri degli Affari interni dell’UE si sono accordati per avanzare la proposta secondo la quale tutte le nazioni che dichiareranno di non poter accogliere migranti dovranno pagare una sanzione pari a 20.000 euro per ogni migrante che verrà rifiutato.

Ma tra le strade perseguite dall’Unione Europea per la gestione dei migranti sicuramente se ne distinguono di più violente, come il Memorandum Italia-Libia, con cui dal 2 febbraio 2017 i due Paesi sulle due sponde del Mediterraneo si impegnano ufficialmente in “processi di cooperazione, contrasto all’immigrazione illegale e rafforzamento della sicurezza delle frontiere”. O almeno questo è quello che l’accordo prevederebbe, perché in realtà da ormai 5 anni l’unica cosa che il Memorandum assicura sono i crimini contro l’umanità.

Così l’anno scorso, con il suo rinnovo di durata triennale, è stato confermato l’appoggio al respingimento di esseri umani, atto quotidiano per la Guardia Costiera libica, che il governo Italiano sostiene con fondi, mezzi e addestramento, ma soprattutto è stato di conseguenza assicurato il sostegno a quelli che con non poco coraggio vengono definiti “centri di accoglienza”, e che sono in realtà dei centri di detenzione, scenari di violenze e atti disumani contro le persone che vi vengono deportate.

Omissione di soccorso, detenzioni arbitrarie,schiavitù, stupri e violenze sono solo una parte di quello a cui vengono sottoposti gli uomini, le donne e i bambini libici che tentano di fuggire da un Paese etremamente instabile, dove i diritti umani dei cittadini sono costantemente in rischio e che per questo non può assolutamente essere considerato un porto sicuro da parte dell’Unione Europea.

Il rafforzamento delle frontiere esterne e provvedimenti come quelli accennati non solo si rivelano per gran parte inefficienti, ma ignorano quella che è una vera e propria necessità dell’UE: ragionando infatti su una prospettiva demografica, ad esempio, osserviamo che  l’Unione Europea si trova di fronte a una situazione complessa e in evoluzione. Secondo i dati di Eurostat, la sua popolazione è cresciuta fino a 448,8 milioni di persone nel 2023, ma ci si aspetta che questa crescita rallenti e che la popolazione diminuisca significativamente entro il 2100.

Questo declino demografico è dovuto a bassi tassi di natalità e all’aumento della popolazione anziana, problema presente soprattutto nel nostro Paese e che, come ha osservato Parag Khanna, i flussi migratori potrebbero contrastare. 

Per questo la migrazione rappresenta una sfida significativa per l’UE, ma anche un’opportunità da sfruttare: con un approccio oculato e inclusivo, i potenziali problemi possono essere trasformati in risorse preziose.

Sicuramente bisogna però riconoscere che un grande lavoro deve effettuarsi anche sul piano ideologico attraverso iniziative per contrastare la disinformazione e promuovere una narrativa positiva sui migranti.

La difesa e la tutela del Paese che non accetta la globalizzazione deve lasciare spazio a un ideale di appartenenza che preserva la propria cultura e le proprie origini e che convive però con la concezione di “cittadino del mondo” e non più con quella del “cittadino di un Paese” .