Avere vent’anni. Essere grande

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Lo desideri, lo aspetti, te lo raccontano. 

Quindi ti impegni a spingere il tempo, a correre più veloce degli altri, cerchi di essere abbastanza grande da convincere tutti, anche te stesso. Ma una volta arrivati al traguardo bramato, realizzi. Ti accorgi che a festeggiare siete in pochi, che i regali sono tutti dubbi, massicce pietre da legarti addosso, punti di domanda così grandi da poter viverci dentro.

Così, in un batter d’occhio, ci sei. 

Devi scegliere tutto, e più indeciso che mai, lo fai. 

“Dovrei continuare gli studi? Ne sono sicura? Sì, se non lo faccio chi mai potrò essere. E cosa studio? Cosa mi piace? In cosa sono brava? Da piccola dicevo di voler fare l’avvocato? Ma anche la parrucchiera. Mamma dice che i medici hanno la vita facile. Dovrei? A chi lo chiedo?”.

Chiedi consiglio a chiunque, in maniera indiretta ovviamente, non potresti mai permetterti di rovinare le aspettative che, da solo, ti sei imposto. 

Allora scegli, e ricomincia la corsa. Loro sono più bravi, più veloci, più capaci. Ed io? Finisci gli studi, sei felice, ma non abbastanza? Ed ora? 

È come se il problema esistesse perché esiste la nostra testa. 

Lo so, hai ragione, non sono sola, ma io scambio un momento sereno per un’altra discesa, e mi domando, sto davvero scendendo? O è solo ancora lei, la mia sciocca mente, che ha spento la luce un’altra volta? 

Sensazioni vuote sembrano pesare troppo, emozioni forti appaiono indistinguibili. Sembra di perdere la ragione, che poi so bene non essercene. 

Sei consapevole che non lo puoi vedere, non c’è niente da poter toccare, sentire, palpare. Solo dubbi, riuscite, rifiuti, domande. “Dovrei aprire qualcosa di mio? Avrei dovuto fare la popstar, cantare. Forse dovrei prendere un’altra laurea, magari in psicologia. Avranno ricevuto la mia mail? Certo, mi avranno già scartata. Dovrei cambiare città? Parigi mi è sempre piaciuta ma non c’è il mare.” 

Sei intelligente, lo sai, sei consapevole che tutto questo non sia normale. Eppure, non riesci a vedere lo scalino, la porta si apre ma tu non riesci ad uscire. Ci vuole tempo. 

Disegno con la mente pensieri felici, tristi, veloci, profondi, ma niente. Non è sufficiente. Non fraintendere, la vita va avanti. Sto vivendo, studiando, lavorando, ma è appunto questo il problema: sarà giusto? È questa la sensazione che mi riempie la pancia di vuoto, gli occhi di fiumi e le mani di segni. 

Ogni giorno osservo tutti gli altri, conquistare, crescere, la verità è che sono invidiosa? Vorrei essere lì, o che tutto scendesse, mi inondasse, come pioggia già pronta per me. E quando tocca a me, ne vorrei di più. 

Non sono mai soddisfatta, la mia eterna tortura. Mi manca qualcosa. Ma cosa? Ho letto vite di altri, storie inventate, ho ascoltato melodie di altre persone, per capire come smorzare questa tensione. 

Alla fine, credo, che non esista un corso sulla vita, né tanto meno sull’ardua capacità di sentirsi all’altezza, e che dunque, sia oggettivamente impossibile e naturalmente non richiesto avere le giuste risposte a questa miriade di domande. Penso quindi che basti cercare di concentrarsi sull’essere il protagonista della nostra personale storia, di cercare di non desiderare di conoscere il finale ancor prima di approfondire la trama, che non sia necessario avere tanta fretta di essere grandi, soprattutto quando è così puro e genuino seguire il corso degli eventi. 

Dovremmo tutti, a mio parere, imparare ad affrontare le emozioni, spaventose o gioiose che siano, non nasconderle o subirle. Dovremmo essere noi, fieri dei nostri passi, delle nostre odierne conquiste. 

Dovremmo imparare a non paragonarci, a non omologarci, ma bensì a lasciarci sorprendere e a non farci sfiorare dal brivido gelido degli occhi altrui che su di noi sentiamo sempre puntati. Non c’è nulla di più importante di noi stessi, anche a vent’anni.