Youth4Climate: i delegati indigeni ricordano gli attivisti ambientali morti
Durate la conclusione dell’ultima plenaria della Youth4Climate, è stata data parola a Vanessa Nakate e ad alcuni giovani delegati che hanno tenuto una commemorazione per gli attivisti morti mentre protestavano in difesa dell’ambiente. I delegati scelti appartenevano a minoranze indigene poiché sono spesso queste minoranze a lottare più duramente per la tutela ambientale e, al tempo stesso, a subire maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico.
Prima che i ragazzi prendessero la parola, altri delegati accompagnati da Greta Thunberg sono saliti sul palco srotolando uno striscione emblematico: un albero spoglio con i nomi degli attivisti morti in sostituzione delle foglie secche. Sul tronco uno slogan semplice ma che rappresenta il sunto delle parole che sarebbero state dette da lì a poco: “Put life in the center not money and power”.
“Viviamo in un sistema estrattivo basato sul sacrificare zone, dove puoi essere ucciso per difendere la terra e la vita”, esordisce Nakate, aggiungendo poi che “non possiamo parlare di giustizia climatica e non possiamo aspirare a migliorare la condizione climatica senza tirare in ballo la colonizzazione, il capitalismo, il patriarcato e in generale sistemi di oppressione”.
La giovane attivista si è poi appellata alla comunità globale affinché si ponga a difesa di chi manifesta per preservare la propria terra. “Ci sono stati omicidi ogni settimana dalla ratifica dell’accordo di Parigi e l’anno scorso è stato il più letale per gli attivisti che proteggono l’80% della biodiverità globale” ricorda poi per concludere il proprio intervento. In effetti, il report di Global Witness riporta che nel 2020 sono stati uccisi in tutto il mondo 227 che si sono prodigate in difesa dell’ambiente, con una media di 4 morti ogni settimana.
Terminato l’intervento di Vanessa Nakate, i delegati hanno preso a loro volta la parola portando innanzitutto alcuni dati: “la Indigenous Resistance against Carbon ha ridotto l’inquinamento da gas serra di un valore pari a un quarto di emissioni annuali di USA e Canada. Nonostante questo, le norme per la mitigazione del clima violano i diritti delle comunità locali ed indigene”.
“Vi siete chiesti perché ci sono persone che difendono il nostro futuro, la nostra madre terra, la nostra pachamama, la nostra Gaia che sono minacciate dal sistema?”, domanda retoricamente Iván Daniel Martínez Pichardo, delegato messicano. La risposta è presto detta: “Perché rappresentano una resistenza sociale, economica e politica contro il sistema coloniale in cui ancora viviamo”. Una seconda delegata continua affermando: “perchè loro [gli attivisti, NDA] vogliono mettere al centro la vita, non i soldi e il potere. Non ci piace lo slogan Give the voice to the voiceless (dare voce a chi non ne ha), perché noi abbiamo una voce veramente forte, è solo che non volete sentirla.”
In seguito a queste dichiarazioni, è stato anche riprodotto un messaggio in difesa delle popolazioni dell’America latina ed è stato osservato da tutti i partecipanti un minuto di silenzio in onore degli attivisti morti per la difesa dell’ambiente.
Terminato il silenzio, il delegato del Brasile Erick Marques è intervenuto nella propria lingua madre, assistito da una collega per la traduzione. “Sono venuto qui, in nome della gioventù indigena, per dire che stiamo subendo un genocidio e un ecocidio – afferma il ragazzo – Le nostre terre stanno soffrendo per progetti a fini economici che sacrificano la nostra terra. I nostri bambini, i nostri leader, le nostre persone stanno soffrendo a causa come i leader gestiscono la situazione. Siamo qui a chiedere il vostro supporto poiché senza di voi non avremo alcuna terra. La lotta per le zone appartenenti ai nativi non riguarda solo noi indigeni, ma tutto il Pianeta. Proteggete la madre terra”.
L’ultimo intervento è stato invece della delegata statunitense proveniente dall’Alaska, Ruth Łchav’aya K’isen Miller. Parlando dei nativi, la ragazza ha affermato che “fin dagli albori, sono stati in prima linea contro la crisi climatica. Sono state le popolazioni indigene a sperimentare sulla loro pelle il caos climatico, anche attraverso omicidi e molteplici forme di violenza. Stiamo affrontando malattie che hanno un impatto sulla nostra fertilità a causa degli agenti contaminanti e dell’inquinamento portati dalla vicinanza a siti dei progetti di sviluppo”.
Successivamente alle denunce fatte in nome delle popolazioni indigene dell’Artico, la ragazza ha inoltre esortato gli altri delegati e le personalità politiche a “ricordare ai vostri rappresentanti di tenere in considerazione la conoscenza indigena, perché noi abbiamo le conoscenze, i dati e i frameworks che possono guidarci verso un futuro sostenibile ed equo. La scienza indigena ci insegna che siamo strettamente legati alla nostra terra. Inoltre abbiamo raccolto dati scientifici attraverso la nostra tradizione orale e possiamo contare sull’equivalente di millenni di documenti storici radicati nella nostra coscienza collettiva”.
“La vicinanza e l’amore per le nostre terre e le nostre acque, questi devono essere i valori guida di ogni soluzione contro la crisi climatica”, suggerisce poi Miller, ribadendo poi come per ottenere questo risultato sia necessario includere i giovani il più possibile. Dopo essersi detta soddisfatta di come i documenti presentati durante la plenaria contengano provvedimenti a tutela delle popolazioni indigene, la delegata USA ha esortato i presenti a lavorare insieme per “un futuro in cui tutti noi potremmo essere al sicuro, in cui potremmo essere i migliori antenati possibili”.