Sviluppo ed ecologia: matrimonio impossibile?
Articolo pubblicato il 24 marzo 2020
Tra le novità introdotte dal nuovo governo vi è stata la decisione di istituire il Ministero della Transizione Ecologica – ex Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare – con l’obiettivo di indirizzare il sistema produttivo del paese verso un modello di sviluppo sostenibile per l’ambiente. Abbiamo deciso così di ripubblicare un’analisi sul rapporto tra sviluppo e sostenibilità.
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Sviluppo ed ecologia, il dibattito è più che mai aperto. L’emergenza Covid-19 ha fermato l’uomo, e la Terra tira un sospiro di sollievo. Ma dobbiamo per forza fermarci per far respirare la Terra?
L’emergenza Covid-19 ha portato all’istituzione di decreti, zone rosse e restrizioni sulle attività didattiche, lavorative e sociali. Nelle aree coinvolte, il satellite Sentinel 5 del programma Copernicus registra una riduzione senza precedenti dei livelli di biossido di azoto, il gas nocivo emesso dai combustibili fossili utilizzati per auto e fabbriche.
Questa situazione ci ricorda ancora una volta quanto le attività umane, economiche e non, siano coinvolte nelle sfide che il nostro pianeta sta affrontando. Agli eventi estremi come tempeste, ondate di calore, piogge acide, inondazioni e siccità si aggiunge l’iniqua distribuzione della ricchezza tra le Nazioni, altra inefficienza del sistema produttivo.
La questione ci spinge a rispondere a grandi domande: esiste un modo per far co-esistere in maniera pacifica la sostenibilità economica e quella ambientale? Quale impronta vogliamo lasciare sulla Terra in quanto specie umana?
Dopo che l’emergenza sanitaria sarà superata, e il mondo tornerà a produrre e consumare al ritmo consueto, la prima emergenza sarà di nuovo quella ambientale. Le due forze in gioco sono la prosperità economica, garante della sopravvivenza di tutti, e la conservazione ambientale. Per molti studiosi, la prima può essere d’aiuto alla seconda, studiando metodi di produzione innovativi, o ottimizzando l’uso dell’energia pulita. L’importante è investire nei progetti giusti. La missione dell’economia sostenibile è proprio questa. Questa materia di studio si fonda sul “Triple P approach: People, Planet, Profit”. L’obiettivo di fondo è un utilizzo efficiente delle risorse, che offra una qualità della vita adeguata a tutti i popoli e alle prossime generazioni. Gli ostacoli logistici sono solo un tassello: un buon modello di sviluppo sostenibile globale richiede una riorganizzazione culturale, politica e sociale.
Finanza etica, gruppi di acquisto, commercio equo e solidale, agricoltura biologica e biodinamica, crowdfunding, Green bonds… Le branche dell’economia sostenibile si arricchiscono continuamente, toccando ogni aspetto della nostra vita.
Ad esempio, le banche etiche seguono particolari criteri di selezione degli investimenti da finanziare, ossia l’Ethical screening, e offrono massima trasparenza su come i soldi dei loro clienti vengono investiti. Sono in genere esclusi i progetti per la produzione o la compravendita di armamenti, o le aziende inquinanti, per quanto remunerativi.
La pianificazione ambientale, invece, definisce i piani urbanistici secondo la “carta delle potenzialità”, che studia caratteristiche e soglia di adattamento alle trasformazioni di ogni ambiente.
Il nostro sistema economico ci ha accompagnati dove ci troviamo ora, rendendoci testimoni e ingranaggi di uno sviluppo tecnologico inarrestabile. Ci ha fatti progredire come specie, ma non è autosufficiente, né privo di pecche. Le aziende in un sistema capitalistico competitivo subiscono una pressione costante sul taglio dei costi, pena l’essere tagliati fuori dal mercato, ed é fin troppo semplice risolvere scaricando parte dei costi sull’ambiente. Nelle dinamiche di domanda e offerta, poi, i prezzi non si basano sul valore futuro delle risorse, perciò fonti di energia non rinnovabili come il petrolio sono relativamente economiche, il che ne incentiva il consumo.
Per mitigare gli aspetti più crudi e non etici del mercato, i governi possono optare per una tassazione che penalizzi le aziende che violano i protocolli ambientali. I grandi business groups, però, forti della loro influenza sulla crescita economica dei diversi Paesi e sulle opportunità di lavoro che garantiscono ai cittadini, spesso ostacolano questo processo. In questo senso, sono anche le forze sociali ad avere un ruolo determinante. Gli attivisti ambientali, infatti, attirando l’attenzione pubblica sulla crisi in atto, possono canalizzare forti pressioni sui governi più restii a disciplinare le attività economiche. L’azione popolare, se ben coordinata, ostinata e aperta al dialogo, è un elemento prezioso nell’ascesa dell’economia sostenibile.
È poi indispensabile la cooperazione internazionale. Accordi come il Protocollo di Kyoto, o il più recente Accordo di Parigi, spingono gli Stati a lavorare in armonia, come strumenti di una grande orchestra.
W. Rostow, economista e sociologo statunitense, nel 1978 scriveva “Never again will the environment be taken for granted as a free good”. L’ambiente non sarà mai più trattato come un bene gratuito. Tirando le somme oggi, gli strumenti per conciliare lo sviluppo e l’ambiente esistono. La nuova generazione di dirigenti, però, non è ancora formata a dovere in merito, né pronta ad assumersi determinate responsabilità. Senza informazione, lungimiranza e voglia di fare, l’economia sostenibile non resterà altro che un bellissimo sogno.
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