Non si è mai troppo piccoli per parlare di ambiente
Chi ha detto che i bambini non capiscono nulla di tematiche di attualità, sicuramente non ha partecipato al festival di Internazionale Kids a Reggio Emilia, dove le loro convinzioni sarebbero state sfatate nel momento stesso in cui, varcando la soglia di uno qualsiasi dei laboratori presenti, avessero visto le centinaia di bambini che seguivano panel, workshop e laboratori.
La redazione di Internazionale Kids si è impegnata per il terzo anno di fila nella realizzazione di questo evento reggiano, che non ha deluso i suoi spettatori – dai più grandi ai più piccoli – che sono stati intrattenuti da tematiche che spaziano dal femminismo alla robotica e passano per l’ambiente.
A dirla tutta, l’ambiente l’ha forse fatta da padrone sin dall’apertura del festival quando Alice Quattrocchi, attivista diciassettenne di Fridays For Future Catania, è salita sul palco. Intervistata dal Movimento Giovani per Save the Children, ci ha raccontato di essersi interessata all’ambiente per la prima volta a tredici anni perché si è resa conto di quanto fosse grande il problema del cambiamento climatico e quanto poco fosse invece raccontato dai media e affrontato dalla politica.
“Il peso non può essere solo sulle mie spalle, deve essere sulle spalle di tutti perché siamo umani, siamo limitati nelle nostre possibilità.” dice, parlando dell’ecoansia, quel fenomeno che provoca una profonda sensazione di disagio e paura riguardo le conseguenze della crisi climatica. Ma Alice non è l’unica ad averne sofferto, e non sono nemmeno i giovani gli unici a subirla: un sondaggio del 2020 effettuato dall’APA (American Psychological Association) spiega che il 56% di adulti negli Stati Uniti crede che il cambiamento climatico sia il problema più urgente di cui occuparsi, ma solo 4 adulti su 10 hanno apportato un cambiamento effettivo nel comportamento quotidiano per ridurre la propria impronta ecologica. Alla fine, forse, è proprio come ha detto Alice: “Le soluzioni ci sono, esistono, sono gli interessi economici che le ostacolano”.
Sull’ambiente i panel e i laboratori sono stati vari, e gestiti da tante realtà differenti. Noi stessi, come Movimento Giovani e accompagnati da Chiara Damen (esperta di ambiente oltre che International Advocacy e Policy Coordinator per Save the Children) siamo intervenuti sul palco dei Portici del Chiostro Grande in un panel, dal titolo “Due miliardi di ragioni”, dove abbiamo presentato il rapporto di Generation Hope, realizzato grazie a una ricerca fatta da Save the Children a livello internazionale con il coinvolgimento di più di 50 mila ragazzi in 41 paesi (di cui 100 in Italia). Il coinvolgimento del pubblico giovanissimo è stato, almeno per me, inaspettato: ero abituato alla visione dell’attivismo giovanile dalla fascia della tarda adolescenza alla prima età adulta, non pensavo che bambini dai 7 ai 12 anni potessero essere così coinvolti in fenomeni di attualità e capirne così tanto. Forse in parte la scuola deve averne merito, lo stesso programma di Educazione Civica obbligatoria nelle scuole superiori di primo e secondo grado gioca una parte molto importante nella formazione (e informazione) delle nuove generazioni, dall’altra anche magazine come lo stesso Internazionale Kids possono di certo aiutare a formare una coscienza politica già da piccoli.
Il team di Digital Freaks ha quindi portato sul tavolo l’Agenda 2030 ONU e una domanda: “Cosa si aspetta il mondo da noi?”. Sistemare un pianeta in fiamme è difficile di per sé, ma avere solo otto anni per farlo è ancora più difficile. Il problema delle nuove generazioni è quello di dover agire subito ed efficacemente, non possiamo permetterci errori, il Doomsday Clock è a 90 secondi dalla mezzanotte che passano straordinariamente in fretta, ma abbiamo un vantaggio proprio perché siamo le nuove generazioni: abbiamo tanti nuovi mezzi per poter contrastare il cambiamento climatico e ridurre drasticamente le emissioni, ad esempio la robotica, che è proprio lo strumento che ha usato Digital Freaks.
In un’ora e mezza i bambini, divisi in quattro gruppi, hanno ricevuto dei problemi dall’Agenda 2030 (rispettivamente: inquinamento marino, produzione di energia pulita, salvaguardia degli habitat naturali e rispetto dei luoghi pubblici) e un robot a energia solare. Poi, con l’aiuto dei materiali di scarto raccolti in collaborazione con Remida, un centro di riciclaggio creativo di Reggio Emilia, hanno assemblato sul robottino le componenti necessarie per la risoluzione del loro problema. Da questo laboratorio, per esempio, è nata l’idea di Gerardo: un robottino che serve a mantenere pulite e belle le città. Trasporta i sacchi della spazzatura che trova per strada, innaffia le piante con un irrigatore incorporato e non usa energia sporca: un pannello solare gli svetta fiero in testa.