Sulle tracce dei ghiacciai
Quali sono i fenomeni più urgenti legati al cambiamento climatico?
È la prima cosa che ci chiedono i relatori del laboratorio “Situazione climatica, decarbonizzazione e transizione energetica”, tenutosi lo scorso sabato durante l’evento Focsiv dedicato alla giustizia climatica e sociale. Ci abbiamo pensato, abbiamo discusso tra noi e abbiamo creato una nostra personale classifica dalla quale è emerso che a preoccuparci di più è lo scioglimento dei ghiacciai.
Ci sarebbero altre questioni altrettanto importanti, come l’acidificazione dei mari o la distruzione della biodiversità, ma decidiamo di concentrarci sui ghiacciai. “L’impatto non è lineare a ogni grado che aumenta,” ci spiega Antonello Pisani, rappresentante del Consiglio Nazionale delle Ricerche.“Quello che di solito accade è che i ghiacci respingendo i raggi del sole fanno in modo che il territorio, non si scaldi. Nel momento in cui i ghiacci scompaiono i raggi impattano sul terreno o sull’oceano, che invece li assorbono e li rilasciano in seguito, causandone un ulteriore scioglimento”.
Si crea una dinamica simile a un circolo vizioso che ha diminuito in pochi anni la superficie dei grandi ghiacciai sulla Terra: si stima che solo in Italia negli anni ’60 ve ne fossero 835 per un totale di 527 km2, mentre oggi sono 903 per un totale di 370 km2. Anche se può sembrare una stima contro intuitiva si deve tener da conto che quelli odierni sono molto più piccoli e frammentati: la superficie totale è infatti minore.
Ciò viene messo in evidenza anche dal progetto fotografico “Sulle tracce dei ghiacciai”, che tramite comparazione fotografica evidenzia come siano cambiati i ghiacciai negli anni, non solo in Italia ma in tutto il mondo.
Ideato da Fabiano Ventura, il progetto ha lo scopo di divulgare in modo semplice ed efficace quelli che sono gli effetti dei cambiamenti climatici sui ghiacciai, andando a scovare quel particolare scorcio, fotografato in passato da altri fotografi dell’800 o ‘900 per poi paragonarli. Il progetto si estende su tutto il globo, toccando i principali ghiacciai: Karakorum, Caucaso, Alaska, Ande, Himalaya, Alpi. Ilprogetto è ancora in corso.
“Parlando del permafrost, lì non c’è tanto CO2, quanto più metano. Questo è un gas naturale molto più pericoloso perché ha un potere riscaldante 25 volte maggiore rispetto all’anidride carbonica e se una quantità così elevata di metano dovesse liberarsi nell’atmosfera, non potremmo riportare sotto controllo la temperatura,”continua a spiegare Pisani.
Nel laboratorio cominciano a susseguirsi domande da parte di tutti noi: qualcuna riguarda gli articoli letti in passato, diverse sono le richieste di chiarimenti, poi c’è chi chiede se esistono o esisteranno in futuro strumenti per recuperare i ghiacci o fermarne lo scioglimento. In risposta all’ultima domanda ci spiegano che il problema non è risolvibile con l’ausilio di strumenti, sia perché sarebbe difficile applicarli su una superficie così estesa sia perché la questione è la temperatura e non esistono dispositivi per abbassarla. Ci sono però azioni che possiamo fare affinché i ghiacciai risentano “solo” degli effetti del riscaldamento degli ultimi decenni. Per evitare di fare ulteriori danni.
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