L’alba di una nuova economia: “The Economy of Francesco”
Si è tenuta dal 19 al 21 novembre la tre giorni di Assisi “The Economy of Francesco” che ha visto la partecipazione di giovani economisti e imprenditori, convocati dal Papa per pensare a una nuova economia.
Centoventi nazioni collegate online e più di duemila under 35: questi i numeri di questa prima esperienza, che pone al centro un nuovo modello economico che parta da dialogo e confronto intergenerazionale.
La cornice di Assisi non è casuale. Il vescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, nei suoi saluti iniziali ha sottolineato come sia importante guardare al “poverello di Assisi” che “spogliandosi di tutto e comprendendo che il denaro è solo uno strumento, fu il primo change maker, un economista senza saperlo”.
I giovani partecipanti non sono arrivati impreparati a questo incontro, da febbraio si sono infatti svolti numerosi webinar di preparazione che hanno toccato tutti i dodici ambiti tematici: lavoro e cura; management e dono; finanza e umanità; agricoltura e giustizia; energia e povertà; profitto e vocazione; policies for happiness; CO2 della disuguaglianza; business e pace; economia e donna; imprese in transizione e stili di vita.
L’obiettivo sembra essere quello di sviluppare un’alleanza tra giovani che abbia come fine cambiare ciò che non funziona, ridurre quelle che sono le diseguaglianze del nostro tempo e riportare al centro le relazioni e i rapporti tra le persone.
“Vi scrivo per invitarvi a un’iniziativa che ho tanto desiderato. Un evento che ci conduca a fare un patto per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani” afferma Papa Francesco nel suo messaggio ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo il 1 maggio 2019, nella festa di San Giuseppe Lavoratore.
Non si tratta di puntare al protagonismo giovanile, ma di un’occasione nuova di lavoro che metta insieme giovani e adulti, avviando un dialogo intergenerazionale per la costruzione di un mondo migliore.
È abitudine vedere tavoli di lavoro in cui sono presenti solo adulti, economisti, professori universitari, e quasi mai giovani che hanno a cuore il loro presente, consapevoli che già da oggi stanno costruendo il loro futuro. Se il futuro infatti diventasse l’obiettivo, discostandolo da quello che è il presente, allora esso potrebbe anche non arrivare mai, e si correrebbe il rischio di vivere un’attesa vana.
L’evento ha visto, tra gli altri, anche la partecipazione di economisti come Kate Raworth, Jeffrey Sachs, Stefano Zamagni e del Premio Nobel Muhammad Yunus.
Nel suo intervento dal titolo Finance and Humanity: a road trowards an integral ecology, Muhammad Yunus ha evidenziato in modo molto chiaro come “la pandemia di Covid-19 abbia rivelato tutte le debolezze del sistema attuale”. Chi si trovava in una posizione marginale nella società, con questa emergenza si è ritrovato ancora più escluso. Occorre chiedersi, in questo momento in cui il desiderio è tornare alla normalità, se veramente vogliamo affacciarci di nuovo a un modello e sistema che ci stava portando alla morte. Cambiare rotta si può, questo evento è un primo passo, ma la scelta va fatta insieme. È necessario avviare una conversione culturale, cambiare direzione e ricercare “un mondo senza inquinamento, senza concentrazione della ricchezza, senza disoccupazione massiccia”.
Appare urgente quindi la necessità di superare la combinazione di consumo e produzione per dare vita ad un cambiamento di mentalità che abbia al centro le persone, difenda l’ambiente e tenga conto di quelle che sono le principali difficoltà generazionali.
Il professor Magatti, docente di sociologia all’Università Cattolica di Milano, citando Pascal ha detto che bisogna iniziare a “conoscere le ragioni del cuore che la ragione non conosce”. È innegabile, infatti, che produzione e consumo siano parte della nostra vita, ma non devono essere il centro. Occorre vivere in una dimensione generativa, che dia vita e si prenda cura di ciò che le è intorno. In questa cornice è possibile pensare anche a un modello nuovo di economia che sia proprio generativa, che tenga conto del futuro e sia improntata alla cura, all’accompagnamento e al lasciar andare. Un’economia quindi più giusta, fraterna, inclusiva e sostenibile, e che soprattutto non lasci indietro nessuno.
Il Papa ai giovani chiede “niente scorciatoie, essere lievito, sporcarsi le mani”, rinnovando l’invito a essere protagonisti di questo cambiamento, partendo dalle realtà in cui viviamo.
Nel documento conclusivo i partecipanti hanno infatti deciso di impegnarsi con la propria vita nel cambiare il mondo e formulato delle richieste ben precise tra le quali l’abolizione dei paradisi fiscali; nuove istituzioni finanziarie; l’attivazione di una comunione mondiale delle tecnologie; il tema della custodia dei beni comuni al centro delle agende politiche; lavoro dignitoso per tutti e un’istruzione di qualità per tutti.
Si legge nel documento che “noi giovani non tolleriamo più che si sottraggano risorse alla sanità, al nostro presente e futuro per costruire armi e alimentare le guerre necessarie e venderle. Vorremmo raccontare ai nostri figli che il mondo in guerra è finito per sempre”.
Le conclusioni sono state affidate a un videomessaggio di Papa Francesco: “Abbiamo bisogno di un cambiamento, vogliamo un cambiamento, cerchiamo un cambiamento. Ci manca la cultura necessaria per consentire e stimolare l’apertura di visioni diverse, improntate a un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi, e anche di spiritualità che non si lasci rinchiudere da un’unica logica dominante. Dobbiamo ritornare allo spirito del bene comune”.
È un accorato appello, quello che il Papa rivolge ai giovani, perché si privilegi una cultura dell’incontro e non una cultura dello scarto. “La politica e l’economia – continua Papa Francesco – non devono sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Molti di voi avranno la possibilità di agire e incidere su decisioni macroeconomiche, dove si gioca il destino di molte nazioni. Abbiamo bisogno di persone preparate, “prudenti come serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16), capaci di vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi”.
L’auspicio è che questo primo incontro sia l’alba di un nuovo inizio. La volontà di andare avanti è stata testimoniata da tutti, partecipanti e ospiti, e le proposte ci sono in gran numero. La speranza è “trovare adulti – dice Suor Alessandra Smerilli ad Avvenire – che si lascino provocare e stimolare da un dialogo intergenerazionale”.
Se da Assisi partirà un’onda di cambiamento lo scopriremo presto, non resta che attendere se il seme gettato porterà qualche frutto.