Un’associazione è un cantiere di idee (parte 2): studenti per gli Stati Uniti d’Europa
Proseguiamo l’intervista ad Alfredo Marini per definire i punti chiave per cui si batte la sua associazione.
Prima parte dell’intervista
Come immaginate gli Stati Uniti d’Europa?
Noi immaginiamo un’Europa con un ministro delle finanze unico che possa elaborare un piano su larga scala. Sogniamo di competere con gli Stati Uniti per il progresso tecnologico, ad esempio con la ESA, rafforzando il network tra università e centri di ricerca. Immaginiamo una Sylicon valley europea, grandi hub di sviluppo, che possa fare cose come la SpaceX. Vogliamo diventare leader e non essere schiavi di nessuno.
Qual è il primo provvedimento che attuereste?
Ce ne sono due, di uguale urgenza. Il primo è annullare le differenze di genere, in primis nel mondo del lavoro, perché da lì cambia la società nel suo complesso. Poi difendere e rafforzare i diritti che già abbiamo, per porre le basi del più grande Welfare State che il mondo abbia mai visto. Rafforzeremmo l’apparato militare dell’Europa, dal settore aerospaziale alla guardia di frontiera. Vorremmo usare lo strumento militare con raziocinio, a differenza della maggior parte degli Stati.
Nelle istituzioni europee dovrebbero esserci più giovani, secondo te?
Porterei il discorso su un altro livello: io non sono mai stato fan del concetto politico della “rottamazione”. Non è nell’età che si vede la genuinità di una persona lungimirante, ma nella sua dedizione, nella sua capacità, nell’avere un progetto serio. Anche un sessantenne può essere sulla mia lunghezza d’onda, se sa riconoscere i bisogni di questa generazione e le battaglie del futuro: basti pensare a Bernie Sanders negli USA, settantenne votato da diciottenni. Sicuramente una voce giovane va ascoltata, perché noi siamo i migliori interpreti del nostro periodo storico. Chiunque sia in grado da stare al passo con un progetto moderno e concreto dovrebbe essere il benvenuto, anche se anziano.
Quanto siamo lontani dagli Stati Uniti d’Europa oggi?
Nella nostra idea, poco. Io sono tra i maggiori detrattori della politica dei piccoli passi di Schuman. Per me il processo di evoluzione politica dell’UE non può più passare per la revisione dei trattati. Ormai istituzioni europee come il Parlamento rafforzano il proprio soft power e ciò che è imposto “sulla carta” ha sempre meno valore. Siamo in piena crisi politica, economica e ideologica, non abbiamo tempo. Dobbiamo agire, e in maniera radicale. Non possiamo permetterci di procedere a piccoli passi, potevamo farlo dieci anni fa. Basti pensare al recovery fund, al massiccio quantitative easing e al patto di stabilità che è stato sospeso senza troppe esitazioni.
Qual è la vostra visione sul tema ambientale?
Purtroppo se anche arrivassimo tra un anno saremmo già molto in ritardo: la sfida ambientale non può aspettare. Purtroppo anche il Covid ha dato una mazzata al Green new deal. Il Green new deal secondo me è un progetto in cui l’UE potrebbe affermare la propria leadership a livello globale. Noi, uniti, possiamo fare da guida e mirare a emissioni zero entro il 2050, dando il buon esempio ai Paesi in via di sviluppo e agli USA che si sono tirati indietro dagli accordi di Parigi. Possiamo farci promotori di un diritto internazionale per l’ambiente attraverso la diplomazia. Questo, oltre a salvarci la vita e garantirci un futuro come specie, potrebbe essere un volano per lo sviluppo delle nuove tecnologie e dell’economia.
Spesso il cittadino italiano lamenta un trattamento diverso dell’Italia da parte dei Paesi europei più forti, in senso negativo, sentendosi penalizzato o addirittura “bullizzato”. È così? È solo vittimismo?
È vittimismo, per la maggior parte infondato, ma non è colpa del cittadino. È stato un processo diseducativo portato avanti negli ultimi vent’anni da persone di cui si possono fare nomi e cognomi.. e partirei da quello di Silvio Berlusconi, Bossi, Salvini, Meloni ma non solo. La colpa è di classi politiche incompetenti che non sono riuscite a usare le risorse europee in maniera efficace, il che è una realtà soprattutto nel mio sud Italia. L’UE è, giuridicamente, un ibrido tra un’organizzazione internazionale e uno Stato federale, quindi tutto rimane nelle mani degli Stati. Troppo spesso la classe politica nazionale ha utilizzato l’UE come parafulmine per le proprie colpe, e qui faccio l’esempio del MES. Noi dobbiamo porci come antidoto a questa situazione: non deve solo cambiare l’apparato istituzionale, ma anche il nostro modo di comunicare con i cittadini. Trasparenza prima di tutto.
Per questo è fondamentale che informazione e attivismo vadano di paripasso.
Concordo al 100%. Per questo noi siamo sempre aperti a farci conoscere e a dialogare. L’informazione è fondamentale per il sistema democratico, insieme alla volontà politica e al progetto. Le associazioni dovrebbero prendere una posizione sulle questioni di attualità, anche posizioni politiche, che, attenzione, è diverso da posizioni partitiche.
C’è una riforma che potremmo fare subito per rendere più funzionale il sistema europeo?
Senza andare a toccare le norme fondamentali, potremmo permettere ai singoli parlamentari di fare proposte di regolamenti. Potremmo creare partiti federali unendo i diversi partiti nazionali, e istituendo un segretario continentale e tanti segretari “locali”. Così avremmo un programma continentale unico, modulato sulle necessità dei singoli Stati, ma pur sempre unitario agli occhi di cittadini europei e Stati esteri. Si potrebbero istituire sindacati europei, unendo quelli esistenti e avviandosi verso uno statuto dei lavoratori europeo.
Di cosa andate particolarmente fieri, tra le cose che avete fatto voi di S.U.S.E.?
Andiamo fieri di aver creato, insieme, consapevolezza del futuro dell’Europa in tanti giovani, che in famiglia o al lavoro potrebbero influenzare positivamente altre persone. Andiamo poi fieri di aver portato per primi in LUISS l’allora vicepresidente del Parlamento europeo, David Sassoli oggi presidente, che secondo me rimarrà nella storia per ciò che sta facendo.
Quanti siete nell’associazione?
I soci sono circa una settantina. Non miriamo ad avere centinaia di membri, preferiamo avere membri attivi e interessati. Non abbiamo bisogno di legioni, di eserciti, perché non siamo un movimento di piazza, almeno per il momento. L’associazione è un cantiere di idee: sono quelle che devono abbondare.